Il 28 giugno dello scorso anno, nella cornice del Battersea Park di Londra, si è concluso quello che per tanti appassionati di motori sarebbe sembrato inverosimile solo pochi anni fa: un campionato automobilistico con vetture alimentate esclusivamente ad elettricità. È stato il primo finale di stagione e ha visto trionfare il figlio del tre volte campione mondiale di F1, Nelson Piquet Jr, ma se ne prospetta una lunga serie, perché la Formula E(lectric) sembra proprio aver catturato l’attenzione di un pubblico numeroso, nonostante il brusio di fondo degli scettici abbia accompagnato ogni passo compiuto finora dalla serie.
Il campionato di Formula E nasce da un’idea della FIA (Fédération Internationale de l’Automobile), sviluppata dal poliedrico imprenditore madrileno Alejandro Agag che, dopo esser diventato lo spagnolo più giovane a sedere in parlamento europeo (28 anni), ha intrapreso la strada degli investimenti nel mondo del motorsport, rilevando tra le altre cose un team di GP2 nel 2007, portato al successo solo un anno dopo. Agag ha colto un’occasione che, come lui stesso ha ammesso, sarebbe stata comunque percorsa da altri in breve, quella cioè di creare una categoria di gare automobilistiche eco-sostenibile, che potesse fare da traino allo sviluppo delle tecnologie alternative nel settore dell’automobile e diventare promotrice di valori nobili legati all’ambiente. Non si può negare però che l’abbia fatto da anticonformista, perché, sebbene monoposto elettriche da 270 CV massimi e 240 km/h siano già di per loro qualcosa di epocale nella storia delle corse, tutto ciò che sta attorno alle vetture è quantomeno inusuale: circuiti provvisori prettamente cittadini, specificamente adattati alla categoria, che rispecchiano la vicinanza nelle intenzioni con il futuro degli spostamenti di ogni giorno; week end di gara concentrati in un’unica giornata, ma soprattutto largo spazio al coinvolgimento e all’intrattenimento del pubblico, con un grande concerto a seguire ogni gara per chi è sul posto e tanti contenuti online disponibili a tempo record per chi segue da casa.
Ci sono voluti più di due anni affinché tutto questo prendesse definitivamente forma il 13 settembre 2014, in quel di Pechino, quando il pilota brasiliano ex-F1 Lucas Di Grassi ha tagliato da vincitore il traguardo della prima gara ufficiale di Formula E. In questo arco di tempo Agag aveva dovuto prima di tutto negoziare con la Federazione, che ha concesso alla “Formula E Holdings” dell’imprenditore spagnolo i diritti per la realizzazione del campionato, che per contratto può essere l’unico totalmente elettrico sotto l’egida FIA. E’ riuscito soprattutto ad attrarre i finanziamenti necessari per consentire una progettualità a medio termine, interessante per esempio quello da 21 milioni di dollari proveniente dal co-proprietario dei Boston Celtics. Ha legato il nome della Formula E a sponsor e partner di livello, andandoli a cercare nei quartieri alti del motorsport: Williams è diventato il fornitore unico delle batterie agli ioni di litio che alimentano le monoposto; McLaren ha potenziato e trapiantato il motore elettrico della sua P1 su ogni vettura in gara nella prima stagione; la storica azienda italiana Dallara ha costruito i telai, anche questi identici per ogni team; Renault insieme a Spark Technologies gestisce le altre componenti tecniche e supervisiona tutto il pacchetto. Grazie a queste solide fondamenta, tante altre figure di spicco nel mondo dei motorsport hanno deciso di scendere in pista come concorrenti, chi sin dall’origine come il team statunitense Andretti, quello francese Dams o il tedesco Abt affiancato da Audi; chi invece in un secondo momento come Citroen, che col marchio DS sostiene da quest’anno il team Virgin del magnate Richard Branson, o Jaguar, che entrerà nella mischia dalla prossima stagione; entrambe spinte dalla novità regolamentare della seconda annata, che consente l’ingresso di costruttori autonomi per le così dette “power-train” (motore elettrico, inverter, cambio, sistema di raffreddamento) e che sicuramente invoglierà altre grandi case automobilistiche.
Un altro volto celebre dello showbusiness è Leonardo di Caprio, che non ha mancato di confermare il suo attivismo per i temi ambientali, diventando ambasciatore della serie e finanziatore del team monegasco Venturi. Ebbene, è bastato che il campionato si avviasse perché fioccassero a centinaia le richieste di ospitare un “e-prix” da parte di città sparse per il mondo. Anche Roma era inizialmente candidata ma si è deciso di rimandare. Le 11 attuali tappe del campionato si svolgono tra Usa(2), Centro/Sud – America(3), Asia(2) e Europa(4), ma sono destinate a coprire sempre meglio il periodo che va da ottobre a luglio, che la Formula 1 lascia in gran parte scoperto. Perché se c’è una cosa certa è proprio che la categoria elettrica non intende “suicidarsi” proponendosi come alternativa a quella regina, ma vuole viaggiare su binari propri, completamente differenti da ogni altro campionato FIA e di certo ben lontani dall’elitarismo che domina in F1.
Creare un interesse duraturo per questo tipo di gare non è quindi facile, ma grazie alle componenti citate, a cui si aggiunge la qualità assoluta dei piloti in pista, le premesse sono buone e i margini di miglioramento ancor migliori. Prima di tutto poiché la tecnologia delle batterie per motori elettrici che sta alla base, non è ancora entrata nella fase di competizione propedeutica a uno sviluppo tecnologico esponenziale, ed’è proprio quanto tempo ci vorrà perché vi entri una delle discriminanti primarie da cui dipende il futuro a breve-medio termine della Formula E. Basti pensare al cambio vettura obbligatorio a metà gara che i team sono costretti a effettuare per via della non ancora sufficiente autonomia a percorrere i 50 minuti di e-prix supportando la potenza dei motori fissata da regolamento a 170 kW. Resta ancora da convincere una bella fetta di appassionati – a cui han fatto da cassa di risonanza le voci pesanti di Niki Lauda, Gerard Berger o dello stesso patron della F1 Bernie Ecclestone – che proprio non riesce a mandare giù le performance ancora non strabilianti delle vetture e il loro sibilo da 80 decibel, i circuiti stretti e spigolosi oppure il famoso FanBoost, simbolo dell’ interattività con il pubblico fortemente voluta da Agag, che permette ai piloti più votati dai tifosi tramite i social network, di aumentare in gara i kW del motore per qualche secondo, favorendo così eventuali sorpassi.
Staremo a vedere come si evolveranno le cose, ma comunque la si guardi, i temi di interesse sono svariati. La seconda stagione è già in corso e SportFace accenderà i motori (elettrici) proprio il prossimo sabato, quando si terrà la quarta tappa sul circuito di Buenos Aires.