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Semplicemente devastante, un alieno, ma sono aggettivi già usati più volte per accompagnare il nome di Max Verstappen, che rimonta dalla nona casella in una pista non semplice come quella di Miami e vince di dominio e quasi in modo naturale la gara della Florida. Un trionfo totale, non il più clamoroso perché lo scorso anno recuperò dalla quattordicesima alla prima posizione, ma che dimostra come in primis non ci siano rivali, nemmeno quel Sergio Perez che esce con le ossa rotte oggi, in secondo luogo che l’olandese può persino permettersi di sbagliare in qualifica, anche se ieri oltre all’errore aveva anche dovuto fare i conti con la sfortuna di non avere una seconda chance a disposizione, e vincere comunque in gara.
E’ una Red Bull che non ha rivali e che rischia (ammesso non l’abbia già fatto) di ammazzare il campionato e togliere tanto pathos a una stagione giunta appena alla quinta delle sue ventitré gare. Ma essere forti e dominanti non è certo una colpa per il team austriaco, che fa cinque su cinque, sei su sei considerando anche la gara sprint di Baku, con Checo che è riuscito fin qui a mettere sotto pressione il compagno, ma che oggi ha rimediato una pesantissima lezione.
Più veloce, più audace, più forte semplicemente: la maturità del due volte campione del mondo è disarmante in questa fase e la simbiosi con la macchina sempre più netta. Sbruffone, capace di fare il giro veloce all’ultimo dei 57 previsti, prendendosi anche qualche rischio, mago delle gomme gestendo ancora una hard che sembra aver durata illimitata (e su questo andrebbero aperte diverse discussioni). Insomma, si arriva a Imola con la certezza che il cannibale Max sia pronto a infilare una serie di vittorie e in grado di chiudere davvero presto ogni discorso in chiave Mondiale.
Se la Red Bull sfreccia e gioca una partita a sé è anche perché di fatto non ci sono rivali. Lo sa bene una Ferrari che portava aggiornamenti in Florida e che invece esce pesantemente ridimensionata da una gara francamente disastrosa, quasi illeggibile per come i due piloti sono sprofondati nella mediocrità e tornati improvvisamente a vita nelle diverse fasi del Gran Premio, ma con l’unico comun denominatore che si è faticato maledettamente a trovare il passo e a gestire le gomme. In particolare con Charles Leclerc, irriconoscibile nelle fasi iniziali in cui è stato umiliato un paio di volte dalla Haas di Magnussen, e che partendo settimo è arrivato nella medesima posizione, subendo anche il sorpasso da Hamilton nel finale con una Mercedes lenta ma costante. E il discorso analogo è da farsi per Carlos Sainz, che nella prima metà di gara gestisce dignitosamente, salvo poi crollare con le hard: Russell lo svernicia e arriva quinto, non duellando mai veramente con Fernando Alonso nonostante i tanti giri in odore di DRS.
Proprio l’asturiano è la grande conferma di giornata: ancora terzo, come in tre delle precedenti quattro gare, tantissima consistenza e persino qualche momento di ilarità quando sottolinea, a modo suo anche in virtù del fatto che è il figlio del boss, la differenza di prestazione con Stroll, naufragato fuori dalla zona punti. Ma è una Aston Martin che dimostra ancora di esserci e di potersela giocare per il primo posto degli umani. In Ferrari è tempo di scelte drastiche, per evitare che questo sia un anno al passo del gambero e che quanto di buono seminato lo scorso anno venga irrimediabilmente compromesso. Gli aggiornamenti portati qui in Florida hanno inciso pochissimo sulla vettura, apparsa davvero in difficoltà: è il momento di darsi una mossa, perché così il rischio è di adagiarsi nella mediocrità. Si può tranquillamente parlare di insufficienza, invece, per la McLaren: che declino per i britannici, Norris e Piastri indietrissimo e mai competitivi, a differenza di una buona Alpine (finalmente) e degli altri team che quantomeno si sono giocati l’accesso in zona punti.
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