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Va in archivio il diciassettesimo appuntamento stagionale del Mondiale F1, un Gran Premio di Singapore che è tornato ad affascinare dopo i due anni di pausa per il Covid, ma che non ha avuto il risalto che avrebbe meritato in quanto incastonato nel più chiacchierato discorso del budget cap. Del quale però non è il caso di parlare fino almeno a mercoledì, quando la Fia potrebbe sbrogliare l’intricata matassa. E allora, il day after della night race di Marina Bay è ancora una volta all’insegna dei rimpianti per una Ferrari che torna a vivere quella sensazione di dejavu che non smette di accompagnare una stagione sicuramente positiva, ma che in virtù di un pacchetto ottimo a disposizione lascia l’amaro in bocca forse più delle precedenti annate da pacchetto di mischia. Già , perché in terra asiatica era arrivata la nona pole su diciassette per Charles Leclerc (e con le due di Sainz fanno undici in rosso e sei no), ma la vittoria numero quattro – e sarebbero comunque poche in proporzione – per il monegasco non arriva, nemmeno quando Verstappen viene boicottato dal suo team in qualifica e si boicotta da solo in gara finendo soltanto settimo e scomparendo, per noi e per quasi tutti, dal racconto di questa gara già su questa riga.
E’ secondo posto per il classe 1997 del Cavallino, e si spiega principalmente con una partenza orribile che di fatto rovina ogni cosa. Sul bagnato del circuito, con il via ritardato di un’ora per la pioggia copiosa che si è abbattuta sulla pista, il pattinamento era un rischio concreto e puntualmente è stato Leclerc a cadere nella trappola, facendo fare bella figura a un Perez che nello spunto non è certo un leone, come invece si ritrova a essere – e l’ha fatto anche oggi – quando tocca difendere con le unghie e con i denti la posizione e far durare bene le gomme. La partenza, dicevamo, è il tallone d’achille di Charles oggi, ma non l’unico, visto che bisogna fare i conti anche con il pit stop sbagliato dal pilota ferrarista, che non centra la piazzola e costringe i meccanici a perdere tre secondi in più del previsto. Una somma che inequivocabilmente fa il paio anche con un passo che era sì buono, ma non abbastanza per sopravanzare in pista Perez. E la beffa arriva anche a fine gara, visto che il messicano viene penalizzato (in modo forse farsesco) con cinque secondi per non aver rispettato la distanza in due delle tante Safety Car del giorno: peccato che Leclerc arrivi a oltre sette secondi, perdendone circa uno al giro nel finale di questo GP che si chiude non sulla distanza dei 61 giri ma su quella delle due ore.
Insomma, passo gara positivo per il monegasco, soprattutto col DRS, capace di mettere sotto pressione Checo, ma non di far meglio. Male, invece, Carlos Sainz: il terzo posto è importante e solido, ma il suo passo è scadente e scivola già dopo pochi giri (facendolo di nuovo a ogni VSF o SF) lontano dalla lotta per la vittoria. Dalla quale si sfila, oltre a Verstappen, anche Lewis Hamilton che partiva terzo ma che con due erroracci in cui danneggia la sua vettura non può far meglio del nono posto. E’ ultimo tra chi ha finito la gara, invece, George Russell: visionario e punito per la scelta di montare le slick su una pista ancora fradicia. In ogni caso, il passo della Mercedes non è stato all’altezza di Ferrari e Red Bull e ormai la stagione sta per finire col rischio di non vincerne nemmeno mezza.
Adesso si va a Suzuka. Il back to back in Giappone potrà dare nuovo impulso a una Ferrari che di certo ha confermato i miglioramenti visti a Monza (anche perché fare come a Spa e in Olanda era impossibile), ma che continua a non mettere tutto insieme: in un giorno in cui si giocava due contro uno, e con il team rivale senza il proprio asso, finire secondo e terzo si può accettare di buon grado, ma non con il sorriso.
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