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Un weekend a senso unico, spaventosamente favorevole alla Red Bull e a un super Max Verstappen che vince ancora. C’è poco da analizzare per quanto successo in Belgio, dove il team austriaco si è ripresentato dalle vacanze estive con un pacchetto estremamente migliorato e capace di andare due secondi più veloci rispetto al primo dei competitor, una Ferrari sverniciata e in confusione che perde un’altra buona occasione, non convertendo per l’ennesima volta una pole (conquistata però solo per via delle penalità per l’olandese, che come Leclerc è scattato dalle retrovie: appaiati soltanto alla partenza, visto che da lì in avanti ci sono state due storie diverse per i duellanti) in vittoria. Sainz sale soltanto sul terzo gradino del podio, rischiando pure da Russell, e così viene da chiedersi se non sia anche la scuderia di Maranello ad aver fatto qualche passo indietro.
La risposta è no, perché le differenze di prestazione rispetto alle vetture del midfield sono più o meno le stesse, il problema è il massiccio avanzamento che ha fatto la Red Bull, ora padrona indiscussa della situazione nelle classifiche piloti e costruttori grazie alla doppietta completata da Perez. In pista, è stato un dramma per tutti: Verstappen ha tenuto un passo costante e devastante, riuscendo a gestire le gomme rosse più di tutti, addirittura tenendole a vita per più tempo rispetto a chi era partito con le gomme gialle. Un mago, un pilota maturo, che sfrutta la strepitosa performance della sua vettura, riuscendo però a fare la differenza rispetto al compagno messicano. Non è solo macchina, il manico qui è di altissimo livello. E mentre il team austriaco non sbaglia un colpo, la Ferrari continua a oscillare tra sfortuna ed errori.
Alla prima voce va annoverato il “sabotaggio” di Verstappen a Leclerc, con la visiera a strappo lanciata dall’olandese che finisce proprio dentro al fondo della monoposto del rivale, costretto al pit stop dopo quattro giri in regime di safety car. Si ritorna come al gioco dell’oca al diciassettesimo posto, smarcando la mescola (monta le gialle) ma senza possibilità di fare la differenza. Ed è comunque mancato in generale il passo e la capacità di gestire le gomme. Il monegasco, comunque, è un asso nei sorpassi e si era riportato quantomeno in quinta posizione per salvare la situazione, poi il pasticcio che va invece segnato nel lungo conto degli errori di questa stagione. Leclerc viene richiamato ai box all’ultimo giro per montare gomme fresche e tentare il giro veloce, ma con 19 secondi su Alonso era impensabile per qualsiasi muretto, tranne quello del Cavallino, rientrare davanti con margine. E infatti, al rientro in pista c’è lo spagnolo davanti, con Leclerc che a fatica, sfruttando una vettura superiore, riesce a passarlo nelle ultime curve. Morale della favola: in ogni caso, era impossibile un giro pulito e tranquillo per il giro veloce. Cambio gomme che sembra dunque ininfluente, ecco la figuraccia: il monegasco non voleva rientrare, e indeciso com’era, si è dimenticato di inserire il limitatore: cinque secondi di penalità e la posizione persa sull’asturiano. Che pasticcio.
A questo si sommano i pittoreschi dialoghi tra il muretto e il pilota, con domande continue e facoltà di scelta esplicitata su qualsiasi decisione da prendere. Non è così che si fa la differenza. Stesso discorso per Sainz, che non riesce mai a spingere come avrebbe dovuto e finisce per concedere a Russell qualche chance di podio. Il degrado delle gomme, maggiore rispetto al previsto, non era certo un’esclusiva Ferrari a Spa, dunque le differenze di prestazione con la Red Bull vanno cercate altrove. Ma a sette gare dalla fine è troppo tardi.
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