Lewis Hamilton, pilota, rapper, designer con un’ultima sfida da vincere: l’ottavo titolo al volante di una Ferrari, per diventare leggenda
Quelli come lui entrano nella Hall of Fame dei campioni sempre. In più la sua è la ristretta galleria di quelli ancora in attività. Il che non significa che il bello debba ancora venire, ma qualcosa di simile. Lewis Carl Davidson Hamilton, per esempio, può diventare il pilota di Formula 1 più vincente di sempre: ha già eguagliato Michael Schumacher con 7 Mondiali vinti, ma con i secondi posti messi in fila nella classifica finale avrebbe già superato il Kaiser.
La Ferrari sarà la grande sfida raccolta a 40 anni (li compirà tra meno di un mese, il 7 gennaio) per andare oltre la leggenda. Come Pelé e Maradona nel calcio, come Federer, Nadal e Djokovic nel tennis, come Schumi sui suoi stessi circuiti, Phelps nel nuoto, Bolt nell’atletica, LeBron James e Michael Jordan nel basket, Alì nella box. I protagonisti assoluti del mito tra i quali un posto lo ha di diritto l’eroe di Hamilton, Ayrton Senna, se alla curva del Tamburello del circuito di Imola, il 1° maggio 1994 non si fosse spento per sempre il sogno.
Che è rimasto nella testa e nelle ambizioni del ragazzino di Stevenage, trenta miglia da Londra. Quel giro sulla McLaren di Ayrton lo scorso novembre sul circuito di Interlagos – che ha rischiato di saltare per la pioggia – resta il sogno nel sogno del romantico Lewis. “Uno dei momenti migliori della mia vita e della mia carriera“: detto da un signore che non conta più le sue vittorie, tante sono, vale di più.
Per capire cosa lo abbia spinto a vincere tanto bisognerebbe ricordare le volte in cui anche a scuola lo scoraggiassero nelle sue ambizioni: non erano invidia, cattiveria, ma solo la netta sensazione che un mondo così dorato non fosse alla portata del figlio di una famiglia umile. Papà di origine caraibica, mamma inglese, si può dire che Lewis sia nato con i motori nel destino. E che l’esempio del papà – quello di arrivare a fare anche tre lavori insieme per consentire al figlio di continuare a sognare – sia stato il faro capace di illuminare una carriera fin qui favolosa. Aveva 8 anni quando iniziò a gareggiare nei kart, dove ha dimostrato sin da subito un talento straordinario.
E ne aveva dieci quando vinse il campionato britannico nella categoria IAME Cadet: un successo che gli valse l’invito premio agli Autosport Awards dedicato ai protagonisti del motorsport del Regno Unito. Fu in quella circostanza che Lewis si avvicinò al team principal della McLaren chiedendogli un autografo e dicendogli di voler correre con le sue monoposto. Ron Dennis gli scrisse “Telefonami tra nove anni e troveremo una soluzione“. Bastò invece che ne passassero tre.
Nel 1998, a 13 anni, Hamilton entrò nel programma McLaren Young Driver, un’opportunità che lo catapultò nel mondo delle corse professionistiche e lo portò ad esordire in Formula 1 nel 2007 con il team McLaren, al fianco di Fernando Alonso. Il primo anno per piazzarsi alle spalle del campione del mondo, Kimi Raikkonen su… Ferrari. E il 2008 per conquistare il primo titolo mondiale, diventando il campione più giovane della storia della Formula 1 a 23 anni.
Nel 2013 il passaggio alla Mercedes da dove ha preso corpo una carrellata di successi straordinari. I suoi record non si contano più: 7 titoli mondiali di cui quattro consecutivi tra il 2017 e il 2020, 104 pole position e altrettante vittorie nei GP. E poi 182 podii, 61 giri veloci, primi posti sparsi su 30 circuiti diversi e per 16 stagioni di fila. Nel 2017 centrò 7 pole consecutive, altra cosa mai riuscita. Ha superato i 4000 punti in carriera.
Hamilton, il rapper che punta alla storia della F1 con la Ferrari
Cosa resti ancora da superare se non se stesso non sia sa. Fedele compagno di questo percorso il numero 44, che richiamava una targa della macchina del papà e al quale non ha rinunciato mai, nemmeno con i titoli iridati che imporrebbero l’1. E dentro il suo eclettismo si inserisce anche la scelta cromatica dei caschi, spesso legata ad eventi da promuovere, ricordare, denunciare. Fino al 2013 il casco ricalcava nella linea e nel colore simile quello usata dal mito Ayrton Senna.
Poi ci fu il GP dell’omaggio al Brasile (di cui da un paio d’anni è diventato cittadino onorario), con bandiera del Paese e Cristo Redentore; poi il ricordo di Niki Lauda dopo la sua scomparsa, il viola per stigmatizzare l’omicidio di George Floyd a Minneapolis, il cittadino che morì dopo i maltrattamenti di quattro agenti della polizia del Minnesota.
Ma Lewis Hamilton è tanto oltre, oltre le sue imprese sui circuiti. Le sue origini lo hanno spinto a porsi come un portabandiera del multiculturalismo, della lotta contro il razzismo e dei diritti civili. Si è speso sempre molto per combattere le discriminazioni nei motori. In questa cornice si inserisce il suo sostegno a BLM, il movimento Black Lives Matter nato nel 2013 negli Stati Uniti. È anche un grande appassionato di moda come confermano i suoi outfit mai banali.
Ha collaborato con diversi brand e ha lanciato anche la propria linea di abbigliamento con Dior, assieme a cui ha collaborato a creare una capsule in cui c’erano insieme amore per la natura e attenzione verso l’Africa. Anche la musica è una grande passione per Lewis, in modo particolare la produzione e il DJing. Non solo: nel 2020 fu lui stesso a svelare la sua identità dietro al rapper XNDA e ringraziò tramite i social Christina Aguilera per “Pipe”, il brano cantato assieme.
La morale è che a inizio 2025 in Ferrari approderà una delle figure più iconiche della Formula 1, in pista e fuori. Farà scuderia con Leclerc dopo aver sfiorato il Cavallino tante e tante volte. I rumors sul suo possibile arrivo a Maranello si sono rincorsi, con particolare insistenza tra il 2020 e il 2021. Stavolta è tutto vero. E se tutto iniziò alle spalle di una Ferrari, quella di Kimi Raikkonen, l’ultima scommessa per Lewis sarà invece salire su una Rossa e centrare il suo ottavo mondiale insieme. D’altro canto cosa simboleggia l’8 se non l’infinito. E ad Hamilton solo quello manca: scrivere il capitolo che lo tenga per sempre dentro la storia del Grande Circo della Formula 1. Come nessun altro. Anche perché poi, tutto iniziò a 8 anni. E nel gioco dei numeri che attraversa il destino di un campione, qualcosa anche questo vorrà dire.