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Si ferma la striscia di Verstappen, prosegue quella della Red Bull. In una notte di difficoltà per Verstappen, che rimanda il suo appuntamento con il secondo Mondiale (caso budget cap permettendo), ci pensa Sergio Perez a prendersi le luci dei riflettori accesi, e non è un modo di dire, sullo spettacolo di Marina Bay. Il Gran Premio di Singapore torna dopo due anni di stop per il Covid e lo fa col botto: prima il ritardo di un’ora abbondante per via del diluvio universale che si abbatte sulla pista, quindi una gara pazza su un tracciato viscido che non si asciugherà mai nonostante l’assenza di pioggia. E ancora, la gara più lunga dell’anno che si chiude non “sui giri”, erano 61, ma sulla distanza delle due ore più un giro, a dimostrazione di quante cose ci siano da raccontare. Piloti a muro, Virtual Safety Car e anche quelle “vere”, che saranno poi motivo del contendere dopo il traguardo. Già, perché la vittoria del messicano per tre ore è sotto giudizio dei commissari, per due infrazioni in regime di safety car.
Purtroppo per la Ferrari, che ancora una volta porta due vetture sul podio così come in Bahrain e a Miami, ma non fa salire nessuno dei due piloti sul gradino più prestigioso, arriva una mezza beffa, visto che la direzione di gara decide per cinque secondi più una reprimenda per Checo, che festeggia comunque visto che negli ultimi giri, pensando proprio a questo tipo di sanzione, ha spinto tantissimo guadagnando oltre quattro secondi su Charles Leclerc. Secondo posto per il monegasco, un po’ deludente perché si partiva dall’ennesima pole, la nona su diciassette gare. Peccato che siano arrivate solo tre vittorie, dilapidando un potenziale di punti altissimo. Come? Con una partenza a rilento che consente a Perez di sopravanzare subito il rivale, quindi con un errore anche ai box, dove il classe 1997 arriva lungo nella piazzola dei box e costringe i meccanici a tre secondi aggiuntivi per completare il pit stop.
Insomma, i soliti errori, ma la beffa è doppia, perché in un team radio viene chiesto a Leclerc di provare a stare dentro ai cinque secondi (e non ci riuscirà, nonostante pochi giri prima fosse ad appena quattro decimi con grandi chance di sorpasso), fornendo un assist clamoroso alla Fia per comminare a Perez proprio quel tipo di penalità. Si sarebbe potuto sorvolare sulla quantificazione dei secondi, anche perché in passato la stessa violazione, la distanza dalla Safety Car, era stata sanzionata in modo più massiccio. Si salva la Red Bull, che si aggrappa al messicano in una giornata no per Verstappen: dopo le qualifiche cannate per colpe non sue, in gara parte male, deve rimontare, poi sbaglia facendo un lungo nel finale e alla fine è solo settimo posto. Ma poco importante per l’olandese, potrà festeggiare in Giappone con la vittoria più giro veloce.
Non arriva così la vittoria per il Cavallino, e forse è giusto così, visto che Perez l’ha meritata in pista correndo da leone come solo lui sa fare, difesa e sapiente gestione delle gomme che per diverse gare sembravano perdute. E Sainz, che completa il podio, non è mai a suo agio sul passo gare, finendo per disputare una gara positiva ma allo stesso tempo un po’ troppo anonima. Applausi alle McLaren, con Norris quarto e Ricciardo quinto, così come entrambe le Aston Martin a punti, bocciato Hamilton che va a muro e arriva nono, mentre il suo compagno Russell dimostra il solito enorme coraggio, alla fine però non paga la sua decisione di montare subito le gomme da asciutto quando la pista non lo consentiva. Ma è sbagliando che si impara.
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