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Non chiamatela gara. Farsa legalizzata, frutto di pressioni, errore madornale: le definizioni possibili per quanto visto nel Gran Premio del Belgio sono tante, ma non certo quella di gara, nemmeno se con dimezzata al fianco. Tre giri dietro una safety car per regalare a Max Verstappen una vittoria che lui stesso definisce non piacevole. Certo, gli consente di dimezzare (parola che torna spesso in questa giornata a Spa-Francorchamps) il distacco nei confronti di Lewis Hamilton, ma nel modo meno edificante possibile. Ovviamente Super Max non ha nessuna colpa, se non quella di aver approfittato della pole position conquistata in pista e con merito. E comunque, va detto che con una gara normale poteva chiudere con ben 10 punti di vantaggio sul rivale inglese giunto terzo qualora fossero state mantenute le posizioni al via. E, va detto, l’unica nota lieta di quanto visto è la possibilità di veder salire sul podio George Russell, che meritava il secondo posto dopo il miracolo in qualifica con la derelitta Williams.
Ma si ferma qui ogni discorso, tutto il resto è stato noia (per oltre tre ore), prese in giro nei confronti di tifosi e addetti ai lavori, un continuo inseguire il business e piegarsi ai diktat e agli equilibri, ma non di certo uno spettacolo, che è quello che si chiede alla Formula 1. E stavolta sul banco degli imputati ci sale Michael Masi, il direttore di gara e plenipotenziario di procedure e regolamenti. Aveva gestito tutto alla grande in Ungheria, appena poche settimane fa, e in generale spesso è stato oggetto di elogi per come svolge ormai da anni il suo ruolo delicato e pieno di responsabilità. Quelle che oggi non si è voluto prendere fino in fondo, contribuendo a combinare un vero e proprio disastro organizzativo, comunicativo e nella resa finale, che ci restituisce una gara sospesa per oltre tre ore e poi durata appena tre giri dietro alla safety car giusto per dare i punti. E a tutti gli appassionati chi ci pensa?
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