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Di tempo ne è passato da quel lontano 2007 dove un giovane ragazzo britannico esordì in Formula 1. Faccia da bambino, look meno stravagante e quella voglia di imporsi fin da subito per scrivere pagine indelebili nella storia del motorsport. Lewis Hamilton è uno dei piloti che divide la critica e gli appassionati, forte del dominio degli ultimi anni a bordo di una Mercedes semplicemente inarrivabile. Ma chi dubita del talento del britannico è chiaro che non conosce il lungo percorso di Lewis, partito dal basso ed elevatosi a leggenda con le proprie mani, con le proprie scelte e con la consapevolezza che contraddistingue i più forti da “quelli normali”.
Prima la grossa delusione, al primo anno in F1, al termine di uno sciagurato Gran Premio del Brasile nel quale ha consegnato il titolo a Kimi Raikkonen e alla Ferrari. Poi la rivincita nel 2008 con un nuovo appuntamento a Interlagos e con il sorpasso a Timo Glock che ha negato alla stessa Ferrari la gioia del secondo titolo di fila, questa volta però con Felipe Massa protagonista. Il primo di una lunga serie di titoli iridati con il 2019 conclusosi con il sesto personale, il quinto negli ultimi sei anni.
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Dal suo passaggio in Mercedes (2013) Lewis ha mancato il titolo solamente nell’anno del suo trasferimento, chiudendo il campionato con una sola vittoria a bordo di una monoposto ancora non competitiva, e nel 2016 quando si fece beffare da Nico Rosberg complice un avvio troppo soft in una lotta decisa per una manciata di punti. Per il resto, contro i propri compagni di squadra, puro dominio. Specie dopo aver salutato Nico per il suo ritiro e dopo che la Mercedes ha deciso di affiancargli Valtteri Bottas. A livello mediatico, però, Hamilton ha spesso ribadito di non vedere i suoi traguardi esaltati per quel che sono. Anzi. La scarsa competitività dei compagni di squadra, fatta eccezione per il 2016 di Rosberg, e lo strapotere della Mercedes hanno difatti sminuito il reale valore del percorso del britannico. Ottantotto pole position, record all-time, ottantaquattro vittorie e centocinquantuno podi in un totale di 250 GP disputati. Numeri da capogiro che forse tra qualche anno verranno ricordati e celebrati differentemente da quanto lo si fa in questo periodo storico.
Forse un passo per porre fine alle discussioni Lewis lo potrebbe già fare nel 2020. Un passo leggendario che gli permetterebbe, finalmente, di raggiungere Michael Schumacher. C’è in gioco il settimo titolo, sette come i Mondiali vinti dal tedesco che tuttora detiene il record della storia della F1. C’è in gioco anche il primato delle vittorie (dopo aver conquistato quello delle pole) con soli sette successi di distacco tra il britannico e Schumi. E c’è anche una buona fetta del futuro e della fase finale della carriera di Hamilton che al termine del 2020 potrebbe chiudere lo straordinario ciclo di vittorie con Mercedes per poi passare, chissà, alla Ferrari. Nell’anno di rinascita della F1 con la lotta tra Verstappen e Leclerc, con gli esordi di Norris, Albon e Russell, c’è spazio anche per i più “anzianotti”. E Hamilton dopo aver conquistato il sesto titolo pensa già al prossimo perché la leggenda la si scrive passo per passo.
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