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Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova. La massima di Agatha Christie applicata alla F1 racconta perfettamente questo avvio del Mondiale in salsa rosso fuoco, ma soprattutto nel segno del predestinato, di Charles Leclerc che con la vittoria in Australia fa due su tre in campionato e con appena sette punti lasciati per strada incluso quello del giro più veloce, sempre segnato dal classe 1996. Che è veloce, anzi velocissimo, ma soprattutto dominatore assoluto nelle prime tre gare. In Arabia Saudita è andata come andata, con un secondo posto frutto di sfortuna più che di merito di Verstappen, per il resto è clamoroso il livello raggiunto come d’incanto dalla Ferrari con il cambio di regolamento tecnico. Non ci si può più nascondere, la prova del nove è già servita: la scuderia di Maranello è tornata grande, pare addirittura il team da battere al di là di inutili scaramanzie.
Dal primo all’ultimo giro in testa alla gara di Melbourne, senza mai soffrire se non alle solite ripartenze dopo la safety car. Ma è una sofferenza relativa, visto che bastano un paio di giri per tornare ad accumulare vantaggio su vantaggio nei confronti di chi insegue. Se poi chi insegue, vale a dire il campione in carica, a un certo punto smette di inseguire, parcheggia la sua monoposto e scende lanciando via il volante, tutto è ancora più facile. E forse così si toglie un pizzico di sapore alla vittoria di dominio, visto che quando l’olandese non aveva grossi problemi, in realtà finiva giro dopo giro a distanze siderali da Leclerc, sia con gomma media che con la dura. Mentre la Ferrari – quella di Leclerc, beninteso – va a gonfie vele e fa gara a sé, la Red Bull manifesta nuovamente gravissimi problemi di affidabilità, con Perez a salvare la faccia con un buon secondo posto. Qui siamo fermi alle coincidenze per rifarci alla signora del giallo, siamo a due ritiri su tre per Verstappen, ma sono ovviamente troppi in un’intera stagione per chi lotta per il Mondiale, figurarci nelle prime tre gare. E Imola è una pista che può essere favorevole al team di Maranello, al di là del tifo a senso unico.
A far da contraltare alla gioia per Leclerc, c’è da tener conto purtroppo del ritiro immediato di Carlos Sainz, che sta un po’ faticando a reggere il confronto con il più giovane compagno di team ormai star di questo campionato. Partito nono per un suo errore che aveva fatto seguito a un momento di sfortuna, era scivolato indietro al primo giro, poi nella ghiaia per un altro errore e gara subito finita. Ne approfittano a questo punto le Mercedes, che per prestazioni sono nettamente la terza forza del campionato, ma che con grande affidabilità e un pizzico di fortuna (vero Russell?) sono ancora terze e quarte, con Hamilton che sbotta nei confronti del muretto per una strategia che avrebbe favorito il nuovo compagno.
Menzione d’onore per la McLaren che torna competitiva e si piazza in quinta e sesta posizione con Norris e Ricciardo, bene anche Bottas in rimonta e semplicemente da applausi la visionaria strategia della Williams per Albon: partito ultimo dopo il disastro di ieri col carburante, non ha mai cambiato le sue gomme hard fino all’ultimo giro, sperando in una safety car arrivata troppo presto e dunque inutile: in ogni caso, con cinquantasette giri sopra alle sue mescole dure era addirittura settimo, ed è comunque riuscito ad arrivare in zona punti montando – obbligato dal regolamento – le soft all’ultima tornata.
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