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Va in archivio anche il Gran Premio dell’Azerbaijan, era l’ottavo appuntamento del Mondiale e siamo dunque a oltre un terzo di una stagione che ha preso una piega ormai evidente. E’ tempo di bilanci, e dopo Baku appare ormai chiaro che la Ferrari sia una macchina dal grandissimo potenziale, velocissima ma purtroppo poco affidabile. Il doppio ritiro di Sainz e Leclerc è una mazzata per il titolo costruttori, con la Red Bull che scappa e la Mercedes che si rifà sotto, ma soprattutto per il monegasco sono ora trentaquattro i punti di distanza da un Verstappen che senza doversi sbattere troppo ha trovato la quinta vittoria su otto gare. Due mesi disastrosi per la Ferrari, e la parola disastrosi non è utilizzata a caso: l’anno scorso, con questi risultati, saremmo stati tutti al settimo cielo visto il livello della vettura, quest’anno si sta raccogliendo troppo poco. Ma cosa ci ha detto davvero il GP sul circuito cittadino azero?
Ferrari e motori, gioie e dolori – La coperta, purtroppo, è corta. Con le power unit congelate per i prossimi quattro anni, in casa Ferrari sono state trovate prestazioni in termini di cavalli e velocità davvero esaltanti. Peccato però che probabilmente sia stato sacrificato qualcosa a livello di affidabilità delle componenti, che una volta mostrata un po’ di usura, sono naufragate, anche se dal Cavallino sostengono di aver puntato tanto su prestazioni quanto su sostanza. Lo dimostra anche il ritiro di Magnussen per problemi analoghi a quelli di Leclerc, così come quello di Zhou per motivi legati all’idraulica come successo a Sainz.
Leclerc bello di sabato – Sei pole position su otto, concretizzate solo le prime due. Poi, un filotto di quattro prime caselle una dopo l’altra, e c’è anche il record di prime file consecutive (otto come Schumacher tra il 2002 e il 2003), ma nessuna vittoria. Le colpe sono molteplici, detto dell’affidabilità non impeccabile delle componenti, anche qualche errore di troppo del monegasco in gara, vedi Imola, o dei box come a Monaco. Anche ieri, per la verità, alla partenza Leclerc si era fatto sverniciare da Perez e aveva dovuto resistere agli attacchi di un Verstappen sempre più vicino, poi la stavolta bella e aggressiva strategia Ferrari gli aveva regalato di nuovo il primo posto prima del fattaccio. Ma per un motivo o per un altro, le pole ormai sono solo un sorriso fugace e le labbra si piegano all’ingiù alla domenica.
Mercedes sorniona, ma Hamilton non sorride – E poi c’è la Mercedes. Lenta, poco prestazionale, ma molto affidabile. Lo dimostra George Russell, al secondo podio stagionale, ma al contempo unico pilota che non solo non si è mai ritirato, ma ha sempre chiuso le prime cinque posizioni, dimostrando di essere un gran pilota. E poi c’è il vecchio leone Hamilton, quarto oggi, ancora battuto dal compagno, ma soprattutto distrutto dal mal di schiena per i saltellamenti. “Una scatola di me…”, dice uno sconsolato Wolff, ma quantomeno sorniona.
Red Bull, non solo sorrisi. Perez bacchetta il team – La Red Bull vince, fa doppietta, sorride. Ma non solo, perché c’è la questione Perez a tener banco. Se a fine gara il messicano con diplomazia si complimenta con il team per la gestione della situazione tra lui e Verstappen, non gli sarà sicuramente piaciuto il team radio “Non lottare con Max” quando Checo si trovava in testa alla corsa ma tallonato dal compagno olandese. E poi, richiamato troppo tardi ai box per rispondere alla strategia Ferrari, facendogli perdere di fatto la possibilità di giocarsi la vittoria. E’ il secondo pilota e dovrà farsene una ragione.
Baku senza bandiera rossa – Per una volta, chissà se per via delle nuove vetture o frutto del caso, a Baku nemmeno una bandiera rossa e solo un paio di virtual safety car. La gara è stata comunque ricca di colpi di scena, ma messa a paragone con il 2021, tutto è filato liscio. Che sia un bene o un male, poco importa: nel 2023 siamo certi che tornerà il caos sotto al castello.
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