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Anno 2020, un anno di speranza, di crescita e forse di transizione. Per la Ferrari è appena terminato un decennio di tante illusioni e troppe sconfitte. Dalla sfortunata lotta per il titolo con Fernando Alonso protagonista al disastro tecnico del 2014 fino ad arrivare agli alti e bassi del quattro volte iridato Sebastian Vettel. Una timeline devastante che ha chiuso un periodo di dieci anni senza vittorie con l’ultimo titolo piloti risalente al 2007 (Kimi Raikkonen) e l’ultimo costruttori al 2008, anno in cui Felipe Massa perse la lotta mondiale con Lewis Hamilton negli ultimi metri del Gran Premio del Brasile. Il 2020 è un mezzo punto di partenza, definiamolo così. Un anno di transizione in vista della svolta epocale sul regolamento che trasformerà in tutto e per tutto le monoposto che scenderanno in pista a partire dal 2021. Ma il 2020 è anche un anno di crescita, per il progetto, per la squadra e per i piloti.
PROGETTO TECNICO – Dopo un avvio di campionato 2019 disastroso, al termine della pausa estiva la Ferrari è tornata realmente più forte di prima. La SF90, pur con tutti i suoi difetti, è riuscita a valorizzare il punto di forza sui rettilinei limando il grosso gap prestazionale nelle curve a medio-bassa velocità . Un mix di miglioramenti che ha permesso a Vettel e Leclerc di guidare una macchina rapida nel giro secco come dimostrano il numero delle pole position stagionali (7 Charles e 2 Sebastian). Ben differenti, invece, sono le problematiche intraviste in gara dove la Rossa ha spesso sofferto un alto degrado di gomma oltre alla mancanza di carico aerodinamico su determinate piste. Un progetto, dunque, modificato in corsa con dei piccoli ma importanti miglioramenti che la squadra si è ripromessa di analizzare e di apportare fin dall’inizio per non essere costretta, ancora una volta, a inseguire le avversarie a stagione in corso.
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CRESCITA DELLA SQUADRA – Macchina e non solo. Ciò che ha lasciato a desiderare durante il corso della stagione non son state solamente le pecche della SF90 ma anche la gestione della squadra nel suo complesso. Dai piloti, ai meccanici fino ad arrivare al team principal: Mattia Binotto. Dopo gli anni di gestione Arrivabene, il 2019 è stata la prima vera stagione di Binotto nel ruolo di capo del team. “Per me è stato un anno intenso e non scontato. C’è stato un inizio di stagione difficile e dopo la pausa è andata un po’ meglio. Poi la gestione dei piloti, dei tecnici, insomma è stato un anno complicato. Sono contento di quello che abbiamo fatto anche se il non vincere per la Ferrari non può essere l’obiettivo“. Da queste parole, infatti, Binotto è motivato a ripartire e con lui tutta la squadra unita per riportare il Cavallino in alto. Un obiettivo complicato e raggiungibile solamente con il lavoro, con la determinazione e con tanta organizzazione. Strategie errate, pit-stop spesso complicati, gestione delle questioni “interne”: una serie di fattori che spesso hanno penalizzato la Ferrari in questi ultimi anni e in particolare in questo 2019, anno in cui anche la Red Bull di Max Verstappen ha concluso il campionato davanti ai due ferraristi. Tutto sotto revisione ispirandosi al modello Mercedes che sfiora la perfezione.
VETTEL-LECLERC, ANCORA LORO – E ciò che ha diviso stampa, tifosi e addetti ai lavori è certamente la gerarchia interna. Vettel capitano e Leclerc secondo pilota: la Ferrari aveva iniziato l’anno approcciando il campionato esattamente come nelle ultime stagioni. Seb pilota di punta e Charles a sostituire Raikkonen nel suo primo anno in Rosso. Ma la pista ha dimostrato tutt’altro, fin dalle prime gare. Vettel incappa in errori evitabili, spesso commessi in passato, mentre Leclerc fin da subito mostra un potenziale estremamente interessante. Pole in Bahrain, pole in Austria, poi la doppia pole-vittoria in Belgio e soprattutto in Italia. A Monza il tripudio per il monegasco in un giorno drammatico, sportivamente parlando, per il tedesco che si gira da solo in mezzo alla pista, viene penalizzato e chiude la gara fuori dai punti. Una striscia positiva che ha fatto barcollare persino il prosieguo della carriera di Seb in F1, stando a quanto riportato dalla stampa. In realtà , il tedesco, dopo aver toccato il fondo si è rialzato mostrando una reazione da vero campione. Vittoria a Singapore, pole in Giappone, gap limato in qualifica e passo gara superiore a un Leclerc ancora acerbo nella gestione del long run.
Infatti, tirando le somme, Leclerc chiude l’anno con numeri nettamente superiori a Vettel prevalendo nelle vittorie (2-1), nelle pole position (7-2) e nei punti (264-240). Ma la differenza di 24 punti considerando la differenza tra pole e vittorie è minima rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare leggendo i freddi numeri. Bilanciando il rendimento dei due piloti, la Ferrari ha ottenuto prestazioni non troppo differenti con alcuni acuti di pura classe da parte di Charles. Ed è proprio per questo che nel 2020, specie dopo gli screzi in pista tra Bahrain, Singapore, Russia e soprattutto Brasile, la Ferrari ripartirà con una line-up senza gerarchie.
Sarà la pista il giudice naturale di un confronto che non può tramutarsi in duello solo fra compagni di squadra. Anzi. “Vettel e Leclerc devono capire che il primo avversario non è il compagno di squadra“, ha tenuto a precisare Binotto a fine stagione. Crescita del progetto, della squadra e del rapporto tra i due piloti: un campione affermato e una stella nascente per la line-up potenzialmente più forte e temibile dell’intero paddock. La Ferrari è pronta a ripartire dai propri punti di forza per cancellare un decennio di problemi, illusioni e delusioni.
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