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Accusa pesantissima alla F1
Scoppia la polemica in Formula Uno, arriva una critica ferocissima, una vera e propria accusa: “È sporco di sangue, davvero volete farlo?”.
Manca davvero poco all’inizio della nuova stagione di Formula 1. Il campionato mondiale del 2025 inizierà il prossimo marzo con il Gran Premio d’Australia che darà il via alla stagione nel weekend del 14-16.
C’è grande attesa per il mondiale di quest’anno visto l’approdo di Lewis Hamilton in Ferrari che ha scatenato la curiosità di tutti. L’attesa è palpabile, i tifosi della Rossa non vedono l’ora di ammirare il campione britannico sulla monoposto italiana. Chissà come sarà dopo dodici anni, conditi di successi e record, veder gareggiare la Mercedes senza il nome di Lewis Hamilton.
Ma, mentre i tifosi pensano solo ed esclusivamente all’inizio di questo Mondiale, c’è chi ragiona già sul futuro. E il futuro può chiamarsi Africa. Perché? Perché la Formula 1 ha espresso tutta la volontà nel tornare a correre nel continente a distanza di oltre trent’anni.
Era il 14 marzo 1993, Alan Prost trionfò con la sua Williams sul circuito di Kyalami, autodromo situato a Midrand, nella provincia del Guateng, in Sudafrica. Fu quella l’ultima corsa di Formula 1 ospitata dall’Africa, prima di essere abbandonata per più di 30 anni. Ma da qui a cinque anni potrebbe tornare nelle terre africane. Dove? La candidata numero uno è il Ruanda. Ma c’è chi si oppone.
Formula 1 in Ruanda, arriva la critica
Il Ruanda si è mosso con decisione per portare la Formula 1 nel proprio paese. Il presidente Paul Kagame e la FIA sono in stretti contatti e l’ultima Assemblea Generale svolta a Kigali, nella capitale del paese, è l’esempio lampante. L’idea però si scontra con critiche e polemiche arrivate da altri paesi africani, su tutti la Repubblica Democratica del Congo.
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Il Ministro degli Esteri, Therese Kayikwamba Wagner, ha indirizzato una lettera alla FIA, chiedendo di interrompere i negoziati con il Ruanda per “non sporcare di sangue il marchio della F1”.
Il motivo di tale opposizione? Il presidente Paul Kagame è accusato di repressione nei confronti delle voci dissidenti, avendo vinto le ultime elezioni con il 99,18%, e di ingerenza nella Repubblica Democratica del Congo, dove sta sostenendo i ribelli della M23.