“Hanno preso un professionista, non hanno preso un francese. Non si sono detti: prendiamo un francese per vincere ancora. Hanno detto: prendiamo un professionista”. In un’intervista a L’Equipe, l’ex team principal della Ferrari, nonché presidente Fia, Jean Todt, ora inviato speciale all’Onu, ha parlato del suo rapporto col Cavallino durato oltre quindici anni: “Quando sono arrivato a Maranello ho subito sentito che c’era un’aspettativa. C’era un giornalista della Gazzetta accampato da noi a tempo pieno, dalla mattina alla sera solo per vedere cosa facevamo. C’era anche pressione a livello di azionisti, a livello di gruppo. Quando sono arrivato la Ferrari era un’opera d’arte in rovina. Tutto era in pessime condizioni. La parte del telaio è stata completamente abbandonata. D’altra parte, l’intero reparto motori era a posto. Poca produzione, ma tutta la ricerca e lo sviluppo era in Inghilterra, sotto la direzione di John Barnard. La nostra galleria del vento era piena di polvere e usata come magazzino. Ma c’era un grande strumento che poi è andato perduto a causa del divieto di prova, la pista di Fiorano”.
E ancora: “Ho lasciato la Ferrari il 1° aprile 2009. ma non passa giorno senza che qualcuno mi ricordi che sono legato alla Ferrari per tutta la vita. Gran parte della mia notorietà viene dalla Scuderia. E’ molto difficile vincere e ancora di più farlo nel tempo. La gente non se ne rende conto. Pensavano che fossimo noiosi, ma non si rendevano conto di quanto fosse difficile essere noiosi. La Formula non è mai andata così bene grazie al suo nuovo capo. È divertente perché anche Stefano Domenicali ha lavorato alla Ferrari. È stato con me per sedici anni, ho partecipato al suo training, era a tre metri dal mio ufficio e gli urlavo contro tutti i giorni. Sono orgoglioso che sia lui a guidare la F1”.