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Lewis Hamilton e la continuità, il binomio vincente all’interno di una freccia d’argento (un po’ meno navicella rispetto agli ultimi anni) che vola, senza sosta, per scrivere pagine indelebili della storia della Formula 1. All’Autodromo Hermanos Rodriguez cala il sipario, proprio come nel 2017, per la ‘fiesta’ messicana che consacra Hamilton cinque volte campione del mondo. Superati Prost e Vettel, raggiunto Fangio nella classifica all-time, con l’obiettivo di non fermarsi mai e di puntare al ‘settimo cielo’, il record di Michael Schumacher ritenuto inarrivabile per diversi anni e che ora sembra sempre più ‘meno impossibile’ del previsto.
E chi se non l’uomo dei record può aspirare ad un traguardo del genere? Il pole-man più prolifico di tutti i tempi, l’uomo che ha lasciato il segno in tutti i circuiti in cui ha gareggiato nel corso della sua straordinaria carriera. Hamilton e la continuità. Un punto fermo, una certezza durante l’arco di tutta la stagione 2018, probabilmente la più difficile del diretto confronto con Vettel. Quest’anno la Ferrari ha seriamente insidiato il dominio Mercedes nell’era dell’ibrido, con una monoposto sempre competitiva in tutte le piste. Una competitività che ha portato Lewis e Seb a sfidarsi per più volte, da un continente all’altro, alla ricerca della gloria e di quel titolo a cui tutti i piloti ambiscono ad inizio stagione ma che, gara dopo gara, elimina numerosi contendenti fino a lasciare i due rivali protagonista in una sfida di nervi e di orgoglio.
Hamilton e la continuità, Vettel e l’aggressività. Da una parte la mente calma, fredda e capace di colpire nel momento giusto, qualche volta aiutato dalla fortuna; dall’altra la mente calda, a volte geniale ed in altre occasioni frettolosa, capace di passare da un possibile capolavoro ad un pesante errore che compromette il tutto. È qui che Lewis ha fatto la differenza, anche quando la Mercedes non è stata la miglior macchina della griglia. Poche sbavature, qualche gara opaca ma con l’assoluta certezza di aver ricavato pur sempre un piccolo bottino, da aggiungere alla scalata verso il titolo, anche nelle situazioni più complicate (lo dimostrano i 15 podi in 19 gare, un solo ritiro in stagione).
Un lungo cammino che ha portato il britannico ad incassare i primi colpi in avvio per poi dominare la scena nella seconda parte di stagione, con una reazione fantastica nei due momenti clou, in Germania ed in Italia, dove è riuscito a colpire un Vettel barcollante alle prese con i suoi due più grandi errori della stagione. Monza, Singapore, Sochi e Suzuka: quattro vittorie di fila per poi mancare il primo match-point ad Austin e chiudere definitivamente i conti a Città del Messico con il quarto piazzamento al traguardo, al termine di una gara condizionata da numerosi problemi alla sua Mercedes. Tanta sofferenza per poi dar sfogo all’esaltazione perché ancora una volta Hamilton è sul tetto del mondo e Vettel si congratula con il rivale: una bellissima immagine di sport.