Il Ceo della Formula 1, Stefano Domenicali, ha parlato al podcast ufficiale della F1 in merito alla definizione dei prossimi calendari. Ecco le sue parole: “Il numero che ci eravamo prefissati quest’anno, ma che per i motivi che conosciamo bene non abbiamo raggiunto, ma quello che vogliamo fare l’anno prossimo è raggiungere 24 gare. E credo che 24 sia il numero giusto, è il numero richiesto dal mercato. Dire che è il giusto equilibrio tra la richiesta del mercato e la complessità della logistica delle persone che lavorano. Ma direi che questo è il numero su cui dovremmo puntare stabilmente a lungo. In Europa, anche in futuro, mi aspetto di vedere gare in cui si possa applicare il principio della rotazione. Ma non due nello stesso anno”.
Sui circuiti storici come Monza e Suzuka: “Quello che ho sempre detto è che la parola storico significa molto, ha una sua responsabilità, ma storico non può essere visto come un luogo vecchio e fuori moda. Questo non è storico, è vecchio. Credo che quello che vogliamo sia utilizzare questo momento incredibile in cui la F1 sta crescendo per assicurarci che tutti facciano la cosa giusta. Si tratta di capire che il mondo si sta evolvendo. Quando si sente dire, e forse si può rimanere scioccati, che una certa nuova generazione di ragazzi o di persone che sono ora innamorate della F1 non hanno la minima idea di chi fossero i piloti di cinque anni fa, non di 55 anni fa, e non hanno idea di un certo elemento tecnico di ciò che stiamo facendo, sarebbe sbagliato non riconoscerlo. Non dico che abbiano ragione. Sto dicendo che dobbiamo capire qual è il giusto equilibrio che dobbiamo seguire per prendere le decisioni giuste per il futuro”.
In conclusione: “Quindi le gare storiche faranno sempre parte del calendario, ma è necessario che alcune di esse riconoscano il cambiamento di passo che devono fare, ad esempio, per lavorare sulle infrastrutture. Questo non significa cambiare il layout delle gare. Ma i tifosi arrivano sempre più numerosi con esigenze diverse e se non si dà loro ciò che meritano, non è più storico, è un luogo fuori contesto dove non dovremmo andare”.