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Cinque gare, nove podi, quattro doppiette, solo vittorie. La Red Bull prosegue nel suo dominio clamoroso di questa prima parte di stagione del Mondiale di F1 e la sensazione, già espressa anche da alcuni piloti, è che di questo passo possano vincere tutte le gare. Così, purtroppo, diventa controproducente per lo stesso Circus: dallo splendido Mondiale del 2021 col finale in apnea di Abu Dhabi siamo passati a un 2022 in cui la lotta vera (con la Ferrari ora naufragata) è durata nemmeno metà stagione, per approdare a un 2023 in cui fin qui non c”è assolutamente storia e a vincere, oltre al team austriaco, è soprattutto la noia.
E’ chiaro che trionfare sempre e aver progettato ancora una volta una macchina superiore (nettamente) alle altre non è certo una colpa ma un merito, e il budget cap, violato o meno, con tanto di sanzione in galleria del vento, non ha arginato la capacità della Red Bull di dar vita a un concept vincente, unito al fatto di avere un fenomeno come Verstappen e un buon pilota come Perez, capace quest’anno di vincere già due gare più una sprint, anche se ieri destinatario di una pesantissima lezione inflitta dall’olandese.
In ogni caso, il duello appassionante – chissà per quante altre gare, probabilmente poche – è solo quello interno ai due compagni di scuderia, visto che c’è poi un abisso con tutte le altre. L’Aston Martin sembra la più vicina, ma vanifica un po’ tutto in qualifica nel giro secco per poi rifarsi – con un Alonso stellare – in gara, discorso opposto per la Ferrari, che ha sistemato le cose in qualifica, dove può giocarsela persino per la pole, salvo poi avere difficoltà clamorose in gara con la gestione delle gomme. E la Mercedes, mediocre sia al sabato che alla domenica, fonda tutto su una buona consistenza che consente di far punti ma mai di avvicinarsi alla leadership. E così, purtroppo, domenica dopo domenica si assistono a delle gare in cui si sa già come andrà a finire.
Ha senso una F1 del genere, fagocitata dallo strapotere della Red Bull? Un Mondiale chiuso già dopo cinque gare era tutto fuorché quello che appassionati, piani alti della F1 e della Fia e forse gli stessi team volevano: il prodotto, così, si svaluta. Se in più ci si aggiungono due gare di fila su circuiti stretti con barriere, ma senza incidenti – per fortuna, è chiaro, ma a discapito del rimescolamento di carte e dell’incertezza – la calma piatta e la noia prendono il sopravvento.
E’ così che a Miami abbiamo assistito a 57 giri senza sussulti, con qualche bel sorpasso ma con tutti e venti i piloti arrivati fino in fondo e in posizioni non troppo diverse da quelle di partenza. Strategie simili, ma anche gomme hard che continuano a durare un’infinità: emblematico il caso di Verstappen, che avrebbe potuto persino terminare la gara con le bianche, capaci di non degradare praticamente mai (dopo il trentesimo giro andava più veloce di un secondo rispetto a quelli iniziali). Anche in Pirelli, insomma, bisogna ragionare sulle prestazioni delle gomme.
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