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“Vedo fame, non soltanto la voglia di vincere singoli Gp o un titolo. Molto di più”. Parola di Mattia Binotto che tra confessioni (“mi sarebbe piaciuto fare il falegname“) e retroscena (“Giocavamo a pallone con Schumacher là sotto, mettevamo coni come porte”) esprime le sensazioni da team principal Ferrari in vista di Imola. In un’intervista al Corriere della Sera, parla del valore della sconfitta: “Serve a fare passi indietro per andare avanti. Insegna a non disunirsi e a investire in tecnologie, uomini e cultura: individuare i punti deboli e correggerli. Lo abbiamo fatto negli ultimi 2-3 anni, è stato un percorso lungo”.
Binotto non ha mai pensato di mollare: “Sono troppo testone. E sono anche consapevole di non essere l’unico responsabile dei successi o degli insuccessi”. Mercedes e Red Bull stanno pagando gli sforzi dell’ultimo campionato. “Loro erano motivati, per noi era tutto in salita. Lavorare sul futuro quando prendi le sberle a ogni weekend non era semplice. Bisogna metterci la faccia e avere una dirigenza che accetti la situazione. Se gli avversari sono indietro le ragioni sono altre, non c’entra la ‘distrazione’. Temo più Red Bull, ha una capacità di sviluppo superiore”.
Su Leclerc: “Ha le spalle larghe, occupa tutta la pista. Se va in testa è dura superarlo: è un mago del corpo a corpo”. Sainz invece “studia. È un pilota veloce al quale piace analizzare i dati. Sa adattarsi e crescere, ha bisogno di più tempo. Ma poi arriva anche lui“. Quale è stato il momento in cui ha capito di avere una Ferrari in grado di vincere? “Dai dati si intuiva. Dopo il primo giorno dei test a Barcellona ho avuto la conferma. A volte basta un solo ‘run’: se il pilota sorride capisci che la macchina è nata bene. Mi hanno insegnato così, ed è vero”.
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