“Finalmente“. Conciso ed eloquente il team radio di Kimi Raikkonen al termine del Gran Premio degli Stati Uniti 2018. L’appuntamento odierno de ‘L’angolo del ricordo’ ci porta indietro di circa due anni per rivivere l’ultima vittoria del finlandese alla guida della Ferrari. Precisamente parliamo del successo numero 21 in carriera per il campione del mondo del 2007 che ad Austin registrò un record particolare. Cinque anni di distanza tra la penultima e l’ultima vittoria: mai nella Formula 1 si è visto un distacco di tempo così ampio, complice comunque annate complicate per la Rossa dopo il ritorno di Kimi a seguito dell’esperienza in Lotus.
Ma in quel weekend statunitense il capitano di Maranello, dopo esser stato più volte utilizzato come “secondo” a Vettel, era lui. Lo dimostrava il passo nelle libere e il tempo di qualifica che gli regalò la prima fila al fianco di Lewis Hamilton, duellante per il titolo iridato proprio con Vettel. Ma soprattutto, lo dimostrò la grande voglia di comandare in gara dove Kimi guidò da maestro, difendendosi dagli attacchi di un Lewis pronto a prendersi il ruolo da “star” in quella che lui definisce sua seconda patria.
Ed è così che al via, con uno spunto fulminante, Raikkonen si prese la prima posizione in curva 1. E pensare che l’ultima volta che Kimi guadagnò un piazzamento in partenza fu ad Abu Dhabi nel 2016. Ad Austin, senza il pensiero di dover rispettare giochi di squadra per favorire il compagno in lotta per il Mondiale, Raikkonen non sbagliò un colpo e addirittura si prese gioco di Lewis nel tentativo di confondere la strategia pit della Mercedes. Fu proprio la strategia soste a giocare a favore della Ferrari con Hamilton che più volte si trovò imbottigliato nella lotta corpo a corpo sia con Kimi che con Verstappen, perdendo tempo prezioso per il suo piano di gara.
Una difesa brillante e una guida senza sbavature: al traguardo la pacata esultanza e sul podio un bel brindisi con il suo amato champagne. Il pomeriggio da star fu tutto del finlandese, proprio di colui che con l’America per il suo “modo di essere” ha poco a che fare.
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