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Vincenzo Montella non è più l’allenatore del Milan. Dopo quattordici partite di campionato (venti punti), nove di Europa League (sette vittorie e due pareggi) è arrivato l’esonero nel momento in cui meno lo si aspettava. Un roboante 5-1 contro l’Austria Vienna, per carità avversario modesto, e uno 0-0 con il Torino dove la squadra ha creato un’infinità di palle gol che però non è riuscita a trasformare in rete. E qui c’è il nocciolo della questione: dove finiscono le colpe dell’allenatore campano e dove cominciano quelle della società e dei giocatori?
ESTATE ROVENTE – L’entusiasmo incontenibile dei tifosi dopo ogni colpo del duo Fassone-Mirabelli ha alzato, acquisto dopo acquisto, l’asticella delle aspettative. Un’asticella troppo alta rispetto al mercato fatto dai rossoneri: 230 milioni di euro spesi, ma un mercato sbagliato concettualmente. Una squadra da assemblare, da costruire e da amalgamare. Ma soprattutto un allenatore che è stato confermato solamente per non dare uno scossone troppo forte all’ambiente dopo l’ottimo campionato dell’anno scorso. Perché Fassone e Mirabelli sarebbero stati disposti a cambiare prima del campionato la guida tecnica, mettendo un nome forte e ricominciando da zero. E non lo hanno fatto. E al primo momento di difficoltà, Sampdoria-Milan 2-0, Fassone ha sparato a zero. E di fatto per Montella questi due mesi sono stata una lenta agonia sino alla morte calcistica di un esonero che fa male.
SPOGLIATOIO – Tanti gli spifferi: un modulo imposto dalla società, divergenze sul giudizio di alcuni giocatori e rapporti non troppo idilliaci con alcuni senatori. La reazione di Bonaventura ieri al cambio è stata eloquente: niente stretta di mano all’allenatore e poi un calcio alla borsa in panchina. L’avvento di Leonardo Bonucci, il suo comportamento da leader non è andato troppo a genio ad alcuni senatori che hanno subito preso le distanze. Sono volati stracci dopo Sampdoria-Milan, poi l’espulsione in Milan-Genoa. Proprio da quella partita i rossoneri hanno trovato un’identità di gioco trovando continuità, ma non riuscendo a segnare in casa (troppi due mesi per una squadra come i rossoneri). Ma torniamo a monte: Kalinic è un acquisto da grande squadra? Andrè Silva lo è in prospettiva, ma se loro due più Cutrone hanno fatto cinque gol in tre in campionato significa che qualcosa non torna. E sul banco degli imputati non può esserci solo l’allenatore.
TIFOSI – La tifoseria si è schierata compatta contro Montella sin dal famoso Sampdoria-Milan di cui sopra. Un’#Montellaout ha scosso la timeline di twitter e ha fatto capire che vento tirava tra gli umori rossoneri. Ma quello che si può davvero imputare all’allenatore campano è stata la comunicazione: non troppo brillante per la maggior parte delle occasioni, interviste troppo soft che però fanno parte del suo carattere. Perché chi pensava che dentro Montella ci fosse Conte o Mourinho probabilmente ha sbagliato metodo di valutazione. Alla fine la società cinese non ha lasciato scampo a Fassone e Mirabelli: via Montella, dentro Gattuso. Come sempre paga l’allenatore. Ma la dirigenza italiana non è esente da colpe, anzi recitare il mea culpa o quantomeno condividere le responsabilità di questa prima parte di stagione fallimentare non sarebbe un atto di debolezza.