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Una sconfitta pesantissima. L’ennesima in Europa. Uno 0-3 casalingo contro il Villarreal duro da digerire, soprattutto per chi negli ultimi anni ha speso centinaia di milioni di euro alla disperata ricerca di quell’ultimo tassello, quella maledetta Champions League. Questa è la cronaca della sconfitta della Juventus, soprattutto della dirigenza juventina prima ancora che dei calciatori e dello staff tecnico. E non si confonda la debacle bianconera con quella del calcio italiano: è un minestrone che serve solo a fare confusione.
Inutile girarci attorno: la Juventus affrontava da favorita l’ottavo di finale contro il Villarreal, squadra esperta con un allenatore molto capace ma pur sempre settima in classifica nella Liga. Il primo tempo dei bianconeri è stato all’altezza, una partenza nel quale Vlahovic e compagni hanno provato ad aggredire alto l’avversario, hanno creato tre occasioni da gol nette, clamorosa la traversa colpita dal serbo. Ma non sono riusciti a segnare. Poi nel secondo tempo è venuto fuori il più grande difetto di questa squadra, che vive come un equilibrista tra l’episodio positivo e quello negativo. Se tante volte in questa stagione la Juventus è riuscita a vincere o ad ottenere risultati con una giocata, con un autogol, con un episodio appunto. Stavolta è successo l’esatto contrario. In un secondo tempo con zero emozioni, zero sussulti da una parte e dall’altra, è arrivato il calcio di rigore al 75′ che ha spaccato partita e qualificazione. Poi negli ultimi venti minuti la Juventus è sembrata essere allo sbando, in balia dell’emozione negativa ed è stata travolta. Perché ci sono anche modi e modi di perdere, e qui ci ricolleghiamo con il discorso di prima.
Nessuna squadra italiana è ai quarti di finale della Champions League, e sin qui siamo tutti d’accordo. Ma andiamo ad analizzare le altre tre squadre italiane che hanno giocato la competizione europea più importante: l’Inter dopo undici anni è tornata a giocare un ottavo di finale e lo ha fatto senza sfigurare, tutt’altro, contro una delle squadre più forti dell’intero pianeta, ovvero il Liverpool. Addirittura espugnando Anfield con un uomo in meno e con una campagna acquisti che ha visto un Lukaku, un Hakimi e un Eriksen in meno. Eliminazione non di certo paragonabile a quella della Juventus, sia per forza dell’avversario che per le premesse iniziali. Il Milan, che ha ritrovato la manifestazione più importante dopo un lungo digiuno, dalla quarta fascia ha pescato uno dei gironi più duri dell’intera competizione con Atletico Madrid, Liverpool e Porto. Ha fatto una grande impresa a Madrid, ha subito un torto arbitrale clamoroso nel match di andata contro gli spagnoli e poi è stata eliminata soprattutto per errori di gioventù ed esperienza che ci possono stare. Nessun dramma, nessuna tragedia, l’anno prossimo i rossoneri ne faranno tesoro. E poi c’è l’Atalanta. Cosa si può dire all’Atalanta? Una squadra che con il monte ingaggi che si ritrova sta semplicemente facendo dei miracoli, anno dopo anno, e nel 2020 è stata a due minuti dal raggiungere la semifinale di Champions League. E quest’anno, come la Juventus, è stata eliminata dal Villarreal perdendo per 2-3 in casa.
Allegri parla di disonestà, ma la vera disonesta intellettuale è parlare della Juventus inglobando tutto il resto del calcio italiano. Quello non è giusto, è un esercizio che forse fa comodo ma che non riporta l’oggettività dei fatti. Ieri sera ha perso la Juventus, che nel mercato di gennaio ha comprato Vlahovic per oltre 70 milioni di euro: dal suo presidente all’ultimo dei giocatori. Ajax, Porto, Lione e Villarreal le ultime quattro sconfitte in Champions League (una ai quarti di finale e tre agli ottavi). E nelle precedenti tre c’era anche Cristiano Ronaldo. Qualcuno alla Juventus ne deve rispondere, e di certo non può essere colpa del calcio italiano.
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