Si sa, lo sport è in grado di regalare emozioni come poche altre forme d’arte. Dietro una vittoria c’è il lavoro di una vita, la determinazione, il talento, la competizione e tanto altro ancora. Ma lo sport è anche delusioni, frustrazioni, consapevolezza di non essere in grado di soddisfare le aspettative – proprie e/o altrui – o di reggere tale pressione. Così, quando in solamente pochi anni di carriera si toccano sia gli alti che i bassi, i trionfi poi hanno tutto un altro sapore.
Quella di Lisa Vittozzi – vincitrice domenica in Canada della Coppa del Mondo di biathlon – è un’impresa indelebile, un cerchio che si chiude per lei. Ma è soprattutto una meravigliosa storia di vita applicata allo sport. La storia di una campionessa in grado di toccare le vette della propria disciplina a 24 anni, ritrovarsi a 27 in un baratro in cui la luce non si intravede, per poi risalire fino a prendersi tutto tre anni più tardi. “Dopo essere arrivata seconda in Coppa del Mondo ho avuto un periodo in cui le aspettative si sono alzate, avevo tantissima pressione, mi sono messa addosso tante responsabilità che non sono riuscita a gestire anche per via della mia giovane età. In quel periodo tanti fattori mi hanno condizionata, non riuscivo ad allenarmi come avrei voluto e ho iniziato ad avere tanta paura di affrontare le gare. Non riuscivo più a divertirmi. Ho iniziato a soffrire anche di attacchi di panico, non è stato un periodo facile per me”, raccontava l’atleta sappadina in uno speciale filmato dall’International Biathlon Union alla vigilia della stagione che si è appena conclusa. Perché in primis il suo cammino di rinascita meritava di essere tramandato, ma anche perché nell’aria quell’odore di impresa un po’ già c’era, dopo essere tornata a più che buoni livelli già dallo scorso anno.
Ma per tornarci a quei livelli competitivi, fino poi a toccare con mano il sogno di una vita, il percorso è stato lungo e tortuoso. A maggior ragione quando si è nel buio più profondo. E ammettere di esserci arrivata al fondo, di aver bisogno di aiuto, è il primo step essenziale per la rinascita. Lo sa bene Lisa, che nel 2022, dopo i Giochi di Pechino si accorgeva di non poter più continuare in quel modo: “Alle Olimpiadi ho toccato il fondo, ed è stato lì che ho realizzato che dovevo trovare la forza per rialzarmi e cercare di uscire dal tunnel in cui mi ero rinchiusa. L’ho fatto con il coraggio di chiedere supporto a qualcuno che potesse aiutarmi a capire meglio me stessa”, le sue parole di pochi mesi fa.
Due anni dopo Lisa Vittozzi si è presa tutto. È diventata la seconda italiana di sempre ad aggiudicarsi la Coppa del Mondo generale; ha conquistato due Coppe di specialità nell’inseguimento e nella sprint; ha vinto un oro mondiale e ci ha aggiunto anche tre argenti nel febbraio iridato di Nove Mesto. Una stagione da incorniciare, conclusa con tra le braccia prima la bandiera italiana e poco dopo quella Sfera di Cristallo che tanto aveva sognato sin da bambina. La storia di Lisa Vittozzi è la sua, ma anche quella di anti altri sportivi come lei. “Predestinati” quando inanellano successi sin dalla tenera età, poi “finiti” quando le cose non vanno per il verso giusto. D’altronde lo sport e ancor di più le reazioni ai risultati di esso sanno essere spietati. Trovare la forza e il coraggio di affrontare le difficoltà non riesce a tutti. Lisa ne è stata in grado, è tornata più forte di quanto non fosse prima di incontrare i suoi demoni, e oggi sorride e si emoziona sapendo di avercela fatta: “Ho passato una vita sulle montagne russe del biathlon, adesso sono orgogliosa che il mio sogno sia diventato realtà”. E il suo orgoglio è anche il nostro.