Ogni atleta sogna l’Olimpiade. Inizia a sognarla da bambino, guardandola in televisione, vedendo i cinque cerchi sui libri di scuola o avendo la fortuna di assistervi dal vivo. Gli Youth Olympic Games rappresentano la prima occasione, per i giovani atleti, di realizzare questo sogno. L’onore di rappresentare il proprio Paese in un confronto mondiale, la possibilità di conoscere centinaia di coetanei provenienti da tutto il mondo, l’opportunità di respirare l’atmosfera dei grandi eventi sportivi sono solo alcuni dei privilegi che si guadagnano i giovani sportivi convocati.
Quella di Lillehammer non sarà solamente un’esperienza agonistica per i nostri 37 atleti italiani. Come nella prima edizione dei Giochi invernali giovanili, svoltasi ad Innsbruck nel 2012 dove ho avuto l’onore di essere madrina dell’evento, anche in quest’occasione verrà data molta importanza ai programmi educativi e culturali. Nei dieci giorni di gare, infatti, le competizioni saranno contornate da numerose attività ed eventi formativi; l’obiettivo è quello di promuovere i valori olimpici di eccellenza, amicizia e rispetto, grazie all’organizzazione di divertenti momenti ludici e competitivi. I giovani campioni non avranno l’impressione di andare a scuola, ma probabilmente impareranno la loro migliore lezione sportiva e di vita. Niente libri, ma incredibili giochi, workshop e incontri a tu per tu con i più grandi idoli sportivi. Gli insegnanti, famosi campioni di diverse discipline sportive, saranno dei maestri eccezionali per i mille adolescenti provenienti da tutto il mondo, che faranno di loro un punto di riferimento, una guida per la loro carriera agonistica.
Agli YOG di Innsbruck il “Culture & Education Programme” prevedeva attività all’aperto e all’interno delle strutture del villaggio olimpico. Dagli spericolati giochi sulla neve per esaltare l’importanza della cooperazione, della lealtà e della fiducia tra i membri di una squadra, all’arrampicata sportiva e alle esercitazioni per il soccorso in valanga; dai balli di gruppo alle lezioni di tamburo africano, dai giochi per l’equilibrio alle attività da circo: insomma per i partecipanti non c’era tempo di annoiarsi. I temi dei workshop andavano dalla prevenzione del doping alla gestione dell’immagine sportiva attraverso i social network. Interessanti si sono rivelati anche i seminari sul benessere e la cura del proprio corpo: i giovani atleti hanno avuto l’opportunità di sfidarsi in cucina, imparando a preparare ottimi piatti, conoscendo le proprietà del cibo ed i benefici degli ingredienti.
Non si sa ancora cosa offrirà il programma “Learn & Share” di Lillehammer, ma di certo i giovani campioni convocati porteranno a casa dalla trasferta norvegese, oltre alle attese medaglie, anche un’esperienza unica ed indimenticabile, una lezione che non sentiranno in nessuna aula e che non troveranno in alcun libro. Apprenderanno l’importanza del fair play, del rispetto per se stessi e per l’avversario. Si renderanno conto che una passione condivisa, un obiettivo comune o uno sport praticato li può unire a un coetaneo proveniente dall’altra parte del globo. Capiranno che un avversario straniero può essere un amico più simile e vicino del compagno di classe e che lo sport ha il potere di unire anche le culture più diverse. In bocca al lupo a questi giovani atleti, che quest’avventura sia per loro l’inizio di una carriera da campioni di sport e di vita.