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Non può essere colpa di Gian Piero Ventura. Ha fallito la qualificazione al Mondiale di Russia 2018, eliminato da una squadra scarsa, anzi molto scarsa: è vero. Ha sbagliato mille volte formazione: è vero. Ha fatto scelte incomprensibili facendo giocare calciatori fuori ruolo: è vero. Ha fatto una goffa e mal riuscita retromarcia alla vigilia dello spareggio contro la Svezia, sconfessando le proprie convinzioni con un 3-5-2 mai provato e comunque improbabile: è vero. Non ha saputo creare un gruppo né soprattutto trasmettere una mentalità vincente: è vero. Al contrario, ha sempre inviato messaggi negativi, frutto dell’insicurezza: era normale arrivare secondi nel girone della Spagna, maltrattata dall’Italia di Antonio Conte agli Europei del 2016, solo un anno fa; era normale passare per i playoff, obiettivo fissato all’inizio del biennio.
Ma fissato da chi? Un atteggiamento da perdente, proprio di un tecnico perdente. Ma la storica eliminazione dell’Italia, esclusa dai Mondiali per la prima volta dal 1958, non può essere colpa di Ventura. Basta guardare il curriculum dell’anziano commissario tecnico ligure per capire cosa potevamo aspettarci. Un secondo posto nel girone, come del resto Ventura ci ha ricordato più volte. Qualche sofferta vittoria contro squadre inferiori come Israele e Albania. Due partite equilibrate contro la Svezia, squadra buona per la Lega Pro come ha onestamente riconosciuto il tecnico della Ternana Sandro Pochesci. Questo poteva darci Ventura e questo ci ha dato. La colpa quindi non può essere sua, ma di chi lo ha scelto. Chi lo ha difeso e addirittura confermato, rinnovandogli il contratto in estate, prima delle partite decisive per l’accesso al Mondiale. Un Mondiale che però l’Italia non giocherà, per la prima volta dopo 60 anni. “Uno scenario apocalittico”, stando alle parole dello stesso presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio. L’apocalisse è servita: il calcio italiano ora deve ripartire dall’anno zero, potrà farlo con un presidente di 75 anni?