Champions League

Job is not finished

Esultanza Milan
Esultanza Milan - Foto LiveMedia/Fabrizio Carabelli

Lo metto subito in chiaro: il Napoli è una squadra davvero forte, è venuta a San Siro senza paura e a tratti ha dominato il match. Lo dico per dare il giusto tributo ai partenopei, ma allo stesso tempo rendere merito ai rossoneri e avvalorare una vittoria importante. Una di quelle pesanti, un quarto di Champions dove se è vero che il Napoli ha assolutamente detto la sua, lo è altrettanto che il Milan si porta a casa il rammarico di non aver segnato il secondo mettendo una piccola (piccola eh) ipoteca sul possibile passaggio turno. E’ stata una di quelle sere speciali, quelle da Champions, quelle che per anni erano quasi un’abitudine per i rossoneri, quelle che il Milan ha nel DNA, nonostante l’ironia e che il “DNA non scende mica in campo”, quelle dove San Siro si fa bello, con le spalle larghe e indossa la maglia numero 12. Il Milan l’ha vinta di “nervi saldi”, di cinismo e di cuore, ma anche di intelligenza e di lettura corretta delle fasi del match.

Bravi a non capitolare nell’assalto iniziale, in quei 20-25′ che sembravano il preludio ad una Caporetto con una difficoltà micidiale in uscita palla, ma aiutati da quello che ritengo probabilmente uno dei 3 migliori portieri al mondo, Moussier Mike Maignan, che dispensa sicurezza, calma e miracoli qua e la. Ancor più bravi nel reagire, prima con Leao che mette la freccia e saluta tutti, baciando il palo col sinistro e dimostrando che ripartendo nel modo giusto si può colpire, poi con Brahim Diaz che si smaterializza nella metà campo rossonera e riappare in una manciata di attimi davanti all’area di rigore napoletana dando il via all’azione che porta al gol vittoria di Bennacer. Ecco, su Brahim mi prendo qualche riga in più: spesso criticato, ha dimostrato perché viene preferito agli altri, quando la partita si fa importante non ha paura, si prende responsabilità (a costo di sbagliare), punta l’uomo, prova la giocata, tenta di essere decisivo. Ieri sera lo è stato, il suo “palla c’è, palla non c’è” ha mandato in tilt gli avversari che in un paio di occasioni lo hanno dovuto fermare con le cattive. Tra l’altro la “nuova” collocazione partendo da destra, lo agevola e lo rende imprevedibilge, aiutandolo nel trovare quella posizione tra le linee che fa malissimo agli avversari. Note di merito assolutamente anche a Krunic, che ormai è diventato pedina tattica importante nello scacchiere di Pioli, una sorta di prezioso equilibratore, nonostante qualche errore tecnico (uno da infarto al 1′..), a Sandro Tonali instancabile per tutti i 90′ con cuore e polmoni e a Simon Kjaer e capitan Calabria, il primo con l’esperienza da veterano, il secondo che con concentrazione e attenzione massima riesce a controllare lo spauracchio Kvara.

Sì, è vero, lo so, l’assenza di Victor Osimhen si è sentita eccome, senza il nigeriano al Napoli manca lo sfogo al suo giro palla e fatica a trovare la profondità, restando a volte un po’ piatto, ma per gran parte del match gioca ad altissima intensità e trova spazi con facilità più per suoi meriti che per demeriti rossoneri, finchè il Milan non prende le misure e capisce di dover aspettare l’avversario, di non uscire in pressione asfissiante ma attenderli per poi stanarli ripartendo in velocità. Il campo ha comunque sentenziato 1-0 Milan e rimanda il verdetto definitivo al Maradona, qualche tifoso azzurro forse starà rimpiangendo l’esultanza all’uscita dei rossoneri dall’urna del sorteggio, ma attenzione Milan, come disse Kobe Bryant “What’s there to be happy about? Job’s not finished..”.  Da stampare e appendere in spogliatoio, come promemoria. Perchè al Maradona sarà un’altra battaglia.

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