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L’Inter torna in finale di Champions dopo 13 anni. Da Madrid ad Istanbul, frase detta in un battito di ciglia, ma che in realtà nasconde dentro di sé uno spazio temporale immenso. Cosa stava succedendo nella primavera del 2010? Com’era il mondo legato all’essere interisti?
Sicuramente più analogico e meno iperconnesso. I tifosi pubblicavano le foto della vittoria sul Barcellona a San Siro nel social che spopolava: Facebook. Instagram sarebbe nato di lì a poco, Tik Tok non era neanche tra i pensieri del suo creatore e per caricare un video da 5 secondi nella creatura del giovane Zuckerberg ci si metteva dagli 8 giorni ai 3 mesi. Si poteva ancora andare a Mosca ad assistere ai quarti di finale di Champions League e tifare la propria squadra. Si usavano ancora gli MMS e i messaggi di testo per scrivere ai parenti e agli amici “Andiamo a Madrid” dopo la fantastica notte del Camp Nou. In radio e per le strade di Milano il pezzo che andava per la maggiore era Bad Romance di Lady Gaga. Spotify era ancora un’app di nicchia per facoltosi del Nord Europa. La Curva Nord intonava “José Mourinho lalalala” ad ogni partita. E lo fa tutt’ora quando lo Special One torna a San Siro da avversario. Per raggiungere lo stadio di Milano non c’era ancora la metro lilla che oggi ferma lì davanti. La maglia più acquistata in quell’anno fu quella del Principe Milito, neanche a dirlo.
Nelle settimane precedenti alla finale del Bernabeu l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajökull aveva creato gravi disagi al traffico aereo con la chiusura di cieli di gran parte dell’Europa per alcuni giorni. Molti tifosi che avevano preso il biglietto per Madrid rischiarono di vedersi il loro viaggio cancellato o posticipato. Ma poi tutto si risolse. Più che gli smartphone, ancora in fase embrionale, per catturare momenti indelebili e i propri idoli giocarsi il Triplete in quel 22 maggio si usavano le macchine fotografiche, come la reflex, o semplicemente occhi e cuore.
Ed infine un ricordo personale di quella primavera, maledetta e dolce allo stesso tempo. Feci un brutto incidente in motorino che mi costrinse a stare in ospedale parecchie settimane, saltando molti giorni di scuola. Ricordo di aver visto dal mio letto al terzo piano del Sant’Antonio di Padova una partita chiave nella cavalcata nerazzurra, che mi risollevò parecchio il morale: il ritorno degli ottavi, Chelsea-Inter 0-1 con gol di Eto’o. Poi durante la mia convalescenza a casa ho guardato tutte le altre partite fino alla semifinale di ritorno contro Messi and Co, esultando piano ad ogni fischio finale, per non stressare un fisico provato. Poi arrivò il 22 maggio. Anche se ero quasi guarito e avrei potuto guardare Inter-Bayern Monaco da un bar o a casa di amici, scelsi di guardarla comunque dal solito divano di casa con mio papà, per non rompere la tradizione che ci aveva portato così lontano. E che alla fine ci fece alzare una Coppa sognata per 45 anni. Oggi, dopo 13 anni, siamo ancora lì. O di nuovo lì. Anche se il mondo è cambiato e siamo cambiati noi, le emozioni restano le stesse. Grazie Inter.
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