Tra meno di ventiquattro ore la Federcalcio dovrebbe avere il nuovo presidente. Il condizionale è d’obbligo, vista la totale incertezza delle ultime settimane, con tre candidati in lizza e lo spettro del commissariamento da parte del Comitato olimpico nazionale italiano all’orizzonte. Ma a poche ore dal voto (l’assemblea elettiva si riunirà in seconda convocazione alle 11.30 all’Hotel Hilton Rome Airport di Fiumicino) l’ipotesi del rinvio, avanzata negli ultimi giorni dal presidente del Coni Giovanni Malagò, sembra più lontana. Nonostante i rischi riconosciuti da tutte le componenti, il calcio italiano vuole provare ad andare avanti da solo. Gabriele Gravina, Cosimo Sibilia e Damiano Tommasi non sono intenzionati a fare passi indietro né spaventati dalle problematiche che investiranno il vincitore: un Consiglio federale difficilmente governabile e lo stallo della Lega di Serie A da sbloccare entro fine febbraio, pena il commissariamento già previsto dal Coni per il primo marzo.
Una situazione davvero ingarbugliata, l’esatto opposto di quanto promesso dal mondo del calcio italiano dopo l’Apocalisse, ovvero la mancata qualificazione ai Mondiali di Russia 2018. Fare previsioni sull’esito del voto è complicato. Nonostante i continui colloqui delle ultime settimane, i tre candidati non hanno mai raggiunto un punto d’incontro. Gravina, Sibilia e Tommasi hanno provato a trattare, ma ogni dialogo si è interrotto sulla solita questione: il nome del presidente. Per motivi diversi, nessuno vuole fare passi indietro. Sin dall’inizio della campagna elettorale Gravina e Sibilia si sono schierati su fronti opposti, regalando all’Aic il ruolo di ago della bilancia. Tommasi ha provato a sfruttare al meglio questa posizione, dialogando con entrambi con una richiesta precisa ma inaccettabile per Lega Pro e Lega Dilettanti: la presidenza ai calciatori per la prima volta nella storia. Così si è arrivati all’ultima riunione dell’Aic convocata per stasera all’Hilton Rome Airport di Fiumicino, dove Tommasi si è presentato con le solite, chiarissime idee. “L’idea di farmi da parte non è mai passata per la mia testa – ha spiegato l’ex calciatore – Se mi accontentassi, potrei anche andare a casa: la Federazione deve dare un messaggio di svolta, cambiamento, altrimenti la scollatura fra istituzioni e Paese diventa ancora più grande. La nostra candidatura significa voglia di cambiamento, perché bisogna capire e sapere che si deve tornare a parlare di calcio”.
Con questi presupposti, trovare una sintesi con le altre componenti non è semplice. Il rischio che i tre candidati si presentino spaccati alla prima votazione è molto elevato. In questo caso, Sibilia partirebbe ovviamente in vantaggio grazie al 34% assicurato dalla Lnd; Tommasi potrà contare sul 20 dell’Aic, Gravina sul 17% della Lega Pro e sul 6% promesso dai dieci club “riformisti” della Lega di A, oltre a qualche voto in arrivo dalla Serie B. In questo quadro, la scelta dell’Associazione italiana allenatori risulterebbe decisiva per stabilire chi mandare al ballottaggio con Sibilia: Ulivieri finora è rimasto vicino a Tommasi e, se confermasse la sua scelta in terza votazione, escluderebbe Gravina dal ballottaggio. A dodici ore dal voto questo sembra lo scenario più logico, ma anche molto rischioso: se alla quarta votazione, appunto il ballottaggio, la Lega Pro decidesse infatti di votare scheda bianca, renderebbe con ogni probabilità nulla l’assemblea non consentendo a nessun candidato di raggiungere la maggioranza assoluta (50% più uno) dei voti validamente espressi. E aprirebbe le porte al commissariamento del Coni. Ma la notte prima delle elezioni è lunga e, forse, porterà consiglio, visto che il dialogo tra Tommasi, Ulivieri e Gravina non è ancora chiuso.