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“Il mio Atletico incarna i valori della vita, quelli che sono andati persi nella società“. È un Diego Simeone al settimo cielo quello che si presenta davanti alle telecamere dopo aver eliminato il Barcellona. La lectio magistralis a Messi&co gli offre l’occasione per ribadire i punti di forza del “cholismo”, la filosofia studiata anche ad Harvard che il tecnico argentino ha saputo trasferire alla nazione Atletico. Garra y corazon, grinta e cuore, ma non solo. Perseveranza e cooperazione. Così l’Atletico ha cancellato i 400 milioni di fatturato di differenza con i blaugrana e raggiunto la seconda semifinale di Champions in 3 anni.
Il risorgimento dei colchoneros, la squadra dei materassai di Madrid, inizia con il tecnico argentino che ha cambiato volto, anima e destino del club rojiblanco. Un capopopolo, un mistico, un pazzo: chi è Simeone? Il nume tutelare del tiki taka e del calcio spagnolo contemporaneo Luis Aragones racconta di averlo sentito più volte pronunciare una frase: “Sarò pazzo ma vivo ancora con il cuore“. Tutti all’inizio dicevano che era un pazzo ad accettare la guida del Racing Avellaneda. Quando gli fu offerta la panchina dell’Estudiantes, erano in molti a storcere la bocca: troppo giovane. Li ha portati tutti dalla parte sua. “Quando la vita ci lancia delle sfide l’essere umano risponde sempre perché nelle difficoltà si diventa migliori“.
È un combattente nato, Simeone. “Il meglio di me esce quando le cose vanno male“. E le cose non andavano bene quel 29 dicembre 2011 quando lo chiamarono in riva al Manzanarre per sostituire sulla panchina dei colchoneros l’esonerato Manzano: “Il mio arrivo coincise con un momento negativo della società. Ma a me piace arrivare quando le circostanze sono difficili“. La direzione, ostinata e contraria, del ribelle. Nessuno dopo il suo primo anno a Pisa da calciatore sarebbe stato disposto a scommettere su di lui. Eppure il Cholo (nomignolo che si porta dietro dai pulcini del Vélez) diventa il condottiero dell’Atleti che trionfa nella Liga del ’96, vince una Coppa Uefa con l’Inter e uno storico scudetto con la Lazio. A Torino contro la Juve il gol della svolta che dà inizio alla rimonta della squadra di Eriksson chi lo segna? Simeone. Da allenatore, la musica non cambia. Conquista un campionato pazzesco con l’Estudiantes. Sempre in rimonta. “Ho sempre dovuto rimontare in situazioni avverse. È la tendenza che domina la mia vita“. La sua impresa più grande è a Catania (“lì ho dato il meglio come allenatore“) poi il richiamo del cuore lo riporta all’Atletico Madrid. Prende una squadra a metà classifica, e la ribalta. La vittoria dell’Europa League è l’ouverture di una stagione di trionfi: la Supercoppa Europea, una coppa e una Supercoppa di Spagna e, due anni fa, il vero capolavoro del Cholo, la conquista della Liga e la finale di Champions persa solo ai supplementari.
Una squadra agguerrita, difficile da battere. La sintonia perfetta tra il tifoso e il calciatore. Volevo che le persone si identificassero con la storia dell’Atletico. Insieme sono “sentimento puro“. Marcelo Bielsa è il tecnico che più ha inciso sulla sua formazione da allenatore. Come il maestro di Rosario anche lui sa tirar fuori il meglio da ogni giocatore.
Juanfran, Filipe Luis, Torres, atleticamente rigenerato grazie al “profe” Ortega, Gabi e Godin, eroico contro il Barcellona anche con un occhio nero, sono lì a dimostrarlo. Simeone in questi anni non ha cambiato il suo mantra (“partido a partito“, partita dopo partita) e il modo di vedere il calcio: “Vincere è uno stile di vita: se si crede e si lavora, si può“. E non c’è mai situazione avversa che non si possa capovolgere. Le grandi d’Europa sono avvisate.