Una vergogna nazionale, una disfatta storica, un’apocalisse, per usare le parole dello stesso presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio. L’Italia è fuori dai Mondiali di calcio e la colpa non può essere soltanto del tecnico Gian Piero Ventura, inadeguato per condurre la nazionale come il curriculum mostrava con evidenza. L’Italia non meritava una simile disfatta, gli oltre 72 mila spettatori accorsi a San Siro per sostenere gli azzurri per 98 minuti avevano il diritto di vedere almeno un gol contro una squadra mediocre, capace di superare la metà campo quattro volte in tutto il match, record negativo difficile da battere.
Ma l’apocalisse è rimasta senza colpevoli, come spesso capita in Italia. Quale sconfitta peggiore si può immaginare, a livello sportivo, di una mancata partecipazione ai Mondiali di calcio? Eppure Ventura, settanta anni da compiere a gennaio, ha deciso di non dimettersi. “C’è da valutare un’infinità di cose, vediamo: parlerò con la federazione – ha spiegato il ct – Ci confronteremo e valuteremo la situazione”. Ma cosa c’è da valutare? Forse la buonuscita per un contratto incautamente rinnovato dal presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio la scorsa estate? Perché è logicamente impossibile pensare che Ventura, il commissario tecnico dell’apocalisse, possa davvero immaginare di restare sulla panchina azzurra.
In sella, invece, vuole restare Tavecchio, come ha già più volte ribadito. Il settantaquattrenne presidente di Ponte Lambro è riuscito a fare ancor peggio rispetto al predecessore Giancarlo Abete, che ebbe il buon gusto di dimettersi dopo il secondo Mondiale storto, in Brasile. Incredibile ma vero, stavolta l’Italia neppure parteciperà alla fase finale, come accaduto l’ultima volta nel 1958. Grave, ma ancor più grave è l’assordante silenzio del presidente Tavecchio, che ha preferito evitare le telecamere e rimandare ogni spiegazione lasciando nelle case degli italiani un dubbio amaro: di chi è la responsabilità dell’apocalisse?