“Ho fatto una sciocchezza. Mi vergogno”. Sono queste le parole della trent’enne francese che ha causato il nefasto incidente a catena all’interno della prima tappa del Tour De France. Ieri il procuratore di Brest, Camille Miansoni, ha fatto il punto della situazione con i cronisti: “L’inchiesta non è chiusa” e il rischio è la prigione fino a due anni. La donna, residente nel Nord del Finistere ha riferito di avere “paura per le conseguenze della propria azione”, e di essere angosciata per il “clamore mediatico”.
Mercoledì mattina era stata identificata dalla gendarmeria di Landerneau che si apprestava a rintracciarla. Lei si è presentata al pomeriggio, mostrando “fragilità personali”. Motivo per cui il colonnello Nicolas Duvinage ha lanciato un appello alla “calma, bisogna mantenere la testa fredda su questo affare. L’ultima cosa che bisogna fare è procedere a un linciaggio mediatico, o sui social”. Proprio per questo motivo, probabilmente, gli organizzatori della Grande Boucle hanno deciso di ritirare la denuncia.
I guai per la donna tuttavia non sono terminati, dato che bisogna capire come si comporterà Marc Soler, lo spagnolo della Movistar rimasto coinvolto nell’incidente: stoicamente è riuscito a concludere la prima tappa nonostante avesse entrambi le braccia fratturate (poi si è ritirato). In un articolo per La Vanguardia ha scritto: “Sto pensando di denunciarla, provo molta rabbia. Tutto quello che ho fatto per preparare il Tour è finito nella spazzatura, a quella persona evidentemente il ciclismo non piace. Il nostro sindacato in teoria dovrebbe difenderci, ma lavora poco in tal senso. E l’Uci si preoccupa solo di regole stupide come quella delle borracce”.