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C’è una sfumatura di San Valentino che non c’entra nulla con lo scambio di fiori e cioccolatini, con i messaggi tra gli innamorati. È una storia un po’ più triste, ma non per questo estranea all’amore. Semplicemente è un amore differente, quello degli appassionati di ciclismo per Marco Pantani. Il “Pirata” se ne è andato il 14 febbraio 2004, ormai 17 anni fa. E il fatto che l’anniversario della sua morte si ripresenti ogni San Valentino un po’ di tristezza ce la lascia. Soprattutto ripensando a quel maledetto Residence “Le Rose” di Rimini e a come è morto l’eroe di tanti: solo in una stanza d’albergo, mentre molti trascorrevano il giorno degli innamorati con i propri cari.
Pantani è stato più del Giro d’Italia e del Tour de France vinti nel magnifico 1998. È stato più degli scatti in salita che ne hanno caratterizzato la carriera. È entrato nel cuore degli italiani (e non solo) perché ha fatto sognare un intero Paese, tra gesti simbolici, imprese in montagna (lui che veniva dal mare) e quella sfortuna che l’ha sempre perseguitato. Eppure, si era sempre rialzato: era tornato in bicicletta e aveva vinto, entusiasmato. Fino a Madonna di Campiglio, a quell’esclusione dal Giro ’99 ormai già vinto per l’ematocrito troppo alto: la morte sportiva, e se vogliamo spirituale, prima di quella terrena. Cinque anni dopo appunto, in quel maledetto Residence “Le Rose”, che ritorna come un incubo ormai da 17 San Valentino insieme con i dubbi per una morte che forse poteva essere evitata. Poi ripensiamo al significato di San Valentino, all’amore. E allora ci ritornano in mente gli striscioni, le scritte sulle strade del Giro d’Italia, la Montagna Pantani che lo celebra ogni edizione della Corsa Rosa, la forza di mamma Tonina per dare giustizia al suo Marco. E allora la tristezza passa e il San Valentino degli appassionati di ciclismo si fa improvvisamente un po’ più dolce.
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