Per capire quanto al #Giro100 mancherà un uomo come Michele Scarponi, occorre fare un salto di catena alla Corsa Rosa del 2010, in un 23 maggio fatto di chiazze di pioggia sull’asfalto. Era la terzultima tappa di un Giro che non aveva ancora trovato il suo padrone e che quel giorno decise di svoltare decisamente sulla strada di Ivan Basso. Ma oltre al varesino, l’Aprica, che si scalava in quella circostanza, riconobbe anche il volto di un altro protagonista.
Michele Scarponi, infatti, faceva parte del terzetto di testa – composto, ovviamente, da Basso e da Vincenzo Nibali, compagni di squadra alla Liquigas-Doimo – che, a partire dalle rampe del Mortirolo, scavò un divario incolmabile con il resto del gruppo e si arrampicò sull’Aprica a una velocità doppia. Difficile tenere il passo dei due compagni di squadra, per il corridore dell’Androni Giocattoli: il tandem Basso-Nibali aveva in testa solo la maglia rosa e avrebbe fatto di tutto per conquistarla. Di tutto significa andare a tutta, senza risparmiarsi. Della serie: ci segue solo chi ce la fa.
E Scarponi, in verità, ce l’ha fatta. Si è dannato, al pari dei compagni di fuga, tra Mortirolo e prima parte dell’Aprica, per conquistarsi la loro fiducia, per offrire la sua collaborazione nell’aiutarli a compiere la loro impresa. Poi, ha riposato un po’, mettendosi a ruota del varesino e del siciliano che, a ogni pedalata, respingevano sempre più lontano l’ormai ex maglia rosa David Arroyo. Infine, è scattato ai trecento metri andandosi a prendere la vittoria su quella salita che – come vedremo più avanti- fu anche di Marco Pantani.
Quella vittoria fu l’emblema della carriera di Scarponi, di quella che era stata fino a quel momento e di quella che sarebbe stata in futuro. Il sorriso sulle labbra che lo ha sempre caratterizzato, la voglia di metterci la faccia anche nei giorni difficili, i successi non troppo frequenti ma sempre di grande qualità, lo spendersi per gli altri. L’anno successivo riuscì ad aggiudicarsi la classifica finale del Giro d’Italia a causa della squalifica di Alberto Contador, tre anni dopo decise di fare la scelta più altruista, mettendosi a disposizione degli altri all’Astana. Prima Vincenzo Nibali, poi Fabio Aru sono stati i suoi capitani.
Scarponi non è mai stato un gregario, perché il suo nome ha sempre brillato come quello di un numero uno. Eppure, nonostante questa sua consapevolezza, sapeva lasciare lo spazio agli altri, dopo aver lavorato come un forsennato. Quest’anno, al #Giro100, forse per l’ultima volta in carriera, avrebbe avuto l’opportunità di tornare a giocarsi il successo senza obblighi di scuderia. Niente da fare. Il destino beffardo lo ha mandato in fuga verso l’ultima salita.