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La sedicesima tappa del Giro d’Italia 2022, la frazione “regina” della 105ª edizione, è stata il motivo per cui ci chiediamo, ogni giorno, del perché amiamo il ciclismo. Jan Hirt, corridore ceco che nel 2019 terminò in seconda posizione la tappa del Mortirolo (presente anche oggi), alza le braccia al cielo in solitaria e conquista la Salò-Aprica di 202 km.
Arriva in solitaria Jan, dopo una giornata in fuga partita sulle dure rampe della prima salita di giornata, Goletto di Cadino e proseguita prima sul Mortirolo, poi sul Teglio e infine sulla montagna Pantani, il valico di Santa Cristina, che consacrò, 28 anni fa, un ragazzo di Cesenatico, come uno dei migliori corridori al mondo.
Sì, perché Marco Pantani, nel 1994, volò sulle ripide rampe di questa salita e fece il vuoto. Non servirà a vincere il Giro, ma a far iniziare a tremare tutta la concorrenza che, 4 anni dopo, dovette inchinarsi all’ultimo corridore nella storia ad ottenere la storica doppietta Giro-Tour.
Sono passati 32 anni dalla prima ascesa del Santa Cristina, 28 dall’impresa di Marco e 23 dall’ultimo passaggio. Oggi, nella tappa del vino del Giro 105, tutta tra la Val Camonica e la Valtellina, è stato riproposto, proprio perché, secondo alcuni esperti, non esiste Mortirolo senza Santa Cristina.
La tappa è stata un insieme di emozioni degne di un romanzo, condensate però in 5h40′ di corsa, finora la più lunga in quanto a tempi di percorrenza. Come già detto, Jan Hirt si è imposto, grazie ad un attacco deciso sulle ultime rampe dell’ultima salita. Il 31enne corridore della Intermarché Wanty-Gobert ha corso quasi tutta la frazione di rimessa: prima, sul Mortirolo, è salito del suo passo ed ha raggiunto i fuggitivi, poi sul Teglio, non ha forzato e infine, sul Santa Cristina ha seguito Tyhmen Arensman.
Il giovane olandese infatti, ha risposto agli attacchi di tutti e sull’ultima ascesa, proprio all’imbocco del tratto di strada più duro, è scattato per andare a riprendere Lennard Kamna, che sembrava involato verso la vittoria. Entrambi non avevano fatto i conti con Jan, che ha corso scientificamente, e dopo aver raggiunto Arensman lo ha fatto sfogare e poi, con un leggero, ma deciso allungo, lo ha lasciato sul posto. E infine, nonostante qualche sbavatura in discesa, è riuscito a portare a compimento ciò che nel 2019 Giulio Ciccone gli aveva tolto: la vittoria più importante della carriera.
Arensman ha peccato di inesperienza perché non si è risparmiato in salita ed ha pagato l’unico passaggio a vuoto della sua splendida tappa, conclusa al secondo posto a soli 7″ da Hirt.
E gli uomini di classifica?
Sulle rampe del Mortirolo, Vincenzo Nibali, mai così bene al Giro dal 2019 e in generale dal 2018, ha messo a lavorare tutta la squadra e subito dopo lo scollinamento ha provato un allungo in discesa degno dei giorni migliori, che a me ha ricordato molto quello sul Giau nel 2011. Ha guadagnato fino a 20″ sugli altri uomini di classifica, frazionati da questo attacco, ma poi si è rialzato, come a voler mettere un po’ di pepe senza però rendere estremamente piccante il piatto.
Ha voluto fare una prova generale, per tastare la condizione dei suoi rivale, ma soprattutto per voler far capire a tutti, che in discesa, è ancora lui il numero uno.
Ed effettivamente, in discesa Vincenzo può staccare chiunque in qualsiasi momento, ed è stato questo il suo pensiero: adesso mi metto a ruota e sulla discesa verso Aprica attacco e provo a guadagnare terreno.
Non ha fatto i conti però con Richard Carapaz, Jai Hindley e Mikel Landa, che hanno intuito il suo piano e, proprio sul Santa Cristina, nel tratto più duro, sono scattati, come aquile che volano libere tra il cielo e i sassi. I tre prendono vantaggio anche su Joao Almeida, che non risponde mai agli attacchi, ma, sfruttando le sue doti da cronoman ed essendo un regolarizza, sale del suo passo e non perde mai troppo terreno.
I tre però, quando la strada sale, hanno un’altra gamba e in poco tempo prendono 20″ su Almeida e oltre 40″ su un Nibali in difficoltà sì, sulle pendenze arcigne oltre il 10%, ma mai destante l’impressione di poter capitolare definitivamente. Infatti, allo scollinamento, Vincenzo recupera terreno sul suo terreno preferito, bagnato da un acquazzone che colpito la zona.
Al traguardo, pagherà 42″ da Hindley, Carapaz e Landa. Proprio sul traguardo dove, l’australiano Jai, batte in volata Carapaz e gli guadagna 4″ frutto dell’abbuono per il terzo gradino del podio di giornata, portandosi a soli 3″ dalla maglia rosa.
È stata una tappa sublime per tutti gli attacchi perpetrati da parte di tutti alla maglia rosa, che però, per il momento, non sta capitolando, ma anzi, risponde colpo su colpo.
La terza e decisiva settimana è appena iniziata ma si continua a fare sul serio già da domani, con la diciassettesima tappa. La Ponte di Legno-Lavarone di 168 km si presenta con un profilo davvero intrigante e potrebbe essere la classica frazione in cui qualche squadra potrà sferrare uno di quegli attacchi inaspettati, ma molto spesso decisivi.
L’occasione è ghiotta per chi è rimasto attardato per attaccare da lontano e recuperare tempo prezioso. La salita di Passo del Tonale (8,6 km al 6,3%), non indicata come GPM però, dovrebbe essere il trampolino ideale per una fuga da lontano, ma il terreno per recuperare e provare a fare qualcosa c’è. Arrivati poi a Pergine Valsugana si scaleranno, in rapida successione, Passo del Vetriolo (12 km al 7,7%) e l’inedito Monterovere (8 km al 9,6%) dal cui scollinamento mancheranno solo 8 km al traguardo, tutti di strada ondulata.
Mancano cinque tappe al termine di uno dei Giri d’Italia più incerti degli ultimi anni, con 4 atleti racchiusi in 1′ e l’impressione che, ogni giorno, la classifica potrebbe essere stravolta.
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