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L’undicesima tappa del Giro d’Italia 2022 è stata un tripudio di emozioni per la bandiera italiana. I 203 km da Santarcangelo di Romagna a Reggio Emilia, avrebbero dovuto rappresentare il più classico dei trasferimenti, prima delle tappe impegnative del secondo weekend di corsa. Non è stata proprio così perché i corridori, sin dalle prime battute di gara, hanno pedalato ad andatura molto sostenuta, basti pensare che la media di corsa è stata di 47 km/h.
Come al solito, il gruppo ha mandato in fuga due corridori, anche perché per una tappa del genere, nata come occasione per i velocisti, le squadre dei proiettili in gruppo non potevano rischiare. I due avventurieri sono Luca Rastelli e Filippo Tagliani, ormai due habitué delle corse in avanscoperta.
Dalle ammiraglie però c’è stato un segnale che ha fatto riassorbire la fuga quando mancavano al traguardo addirittura 90 km: il vento forte. Sì, perché molte squadre si sono organizzate in modo da provare a creare ventagli per lasciare indietro sia alcuni favoriti per la tappa odierna, sia alcuni uomini di classifica. C’è molta attenzione in gruppo però e i ventagli non vanno a buon fine.
Nel frattempo, un’ottima azione di squadra della INEOS consente al capitano, Richard Carapaz, di transitare per primo al traguardo volante di San Giovanni in Persiceto, quello che regala abbuoni. L’ecuadoriano quindi guadagna 3″ in classifica generale al leader e si porta a soli 12″. Chissà se saranno decisivi ai fini della graduatoria finale.
Un momento di stallo nel plotone ed ecco che ci prova Dries De Bondt, in solitaria, quando mancano 50 km al traguardo. Sembra un tentativo che sarà riassorbito in pochi km, ma un po’ per indifferenza generale in gruppo, un po’ perché l’ex campione nazionale belga spinge molto, il corridore della Alpecin-Fenix viene ripreso all’ultimo chilometro, proprio nel momento in cui si iniziano le lotte di posizione per la volata.
È qui che comincia la nostra storia. La città di arrivo, Reggio Emilia, è anche chiamata Città del Tricolore, in quanto la bandiera d’Italia, su ispirazione dei vessilli della Repubblica Cispadana, è nata qui ed è stata mostrata per la prima volta in questa città il 7 gennaio 1797. Alla bandiera, identificazione di appartenenza e non più solo gagliardetto militare, sono stati assegnati il verde, il bianco e il rosso. Colori che ancora oggi rappresentano l’Italia nel mondo.
E chi avrebbe potuto e dovuto vincere nella città che ha dato vita alla bandiera italiana, se non un italiano? Infatti Alberto Dainese, 24enne veneto in forza al Team DSM, con una volata talmente poderosa da sembrare irreale, ha messo tutti in riga sul traguardo emiliano ed ha così ottenuto la prima vittoria italiana in questa edizione della Corsa Rosa.
Nulla è lasciato al caso nel ciclismo.
Fernando Gaviria, secondo e quasi incredulo per non aver vinto, si è lasciato andare ad una smorfia di ammirazione nei confronti di Dainese, che, oggettivamente, oggi è stato il più forte di tutti. La giornata di grazie dell’Italia, nella “sua” città, è conclusa con il terzo posto di Simone Consonni, che ha preceduto nomi del calibro di Arnaud Démare, Caleb Ewan e Mark Cavendish, non proprio gli ultimi arrivati. Con quest’affermazione, probabilmente, cambierà la carriera del giovane velocista azzurro che sarà sicuramente tenuto meglio d’occhio dai suoi rivali diretti per le volate.
Il Giro non si ferma e domani andrà in scena la dodicesima tappa: la arma-Genova di 204 km. Alla presentazione ufficiale, è stata considerata come una delle più intriganti dell’intera corsa, ma come spesso capita ultimamente, RCS ha deciso di modificarla in corsa. Via dunque il Monte Becco (10 km al 7%), con scollinamento a circa 20 km dal traguardo e dentro il valico di Trensasco (4 km all’8%) da cui si scollina quando di km ne mancano più di 30. Frazione perfetta per un fugone da lontano o per quei finisseur che avranno la gamba giusta per provarci sul trampolino finale.
Gli uomini di classifica non si muoveranno prima di sabato, quando inizieranno i primi botti che culmineranno nella terza settimana, che, come spesso capita, deciderà le sorti dell’intero Giro.
La tappa di domani però, sarà anche quella del ricordo di Wouter Weylandt. Sì, perché verrà affrontata anche la discesa del Passo del Bocco, proprio quella discesa che il 9 maggio di 11 anni fa fece perdere la vita al belga, mentre stava facendo quello che più amava al mondo: pedalare. Quante storie racconta il ciclismo e quante ancora ne deve scrivere.
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