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È una tappa che resterà nella storia del ciclismo la decima frazione del Giro d’Italia 2022. Non per la durezza del percorso, o per l’innumerevole quantità di salite presenti, o per il mozzafiatante scenario dolomitico, ma i 196 km da Pescara a Jesi hanno mostrato al mondo intero il perché del ciclismo come forma di sport nella più pura delle accezioni.
Classica partenza cicloturistica del gruppo dopo il giorno di riposo che ha fatto del bene ad alcuni e del male a molti corridori. Infatti i giorni di assenza dalle strade sono un odi et amo per la carovana. Ad alcuni serve per ricaricare le pile dopo una settimana corsa al massimo, per altri invece è deleterio perché ormai hanno iniziato a prendere il ritmo gara.
Grazie quindi ad un gruppo molto poco interessato a tenere cucita la corsa, se ne vanno in tre, consci del fatto che però non arriveranno in fondo. Ci sono troppe cose importanti in questa giornata per far arrivare la fuga. Ad animare la mattinata sono in 3: Alessandro De Marchi (Israel-PremierTech), Mattia Bais (Drone Hopper-Androni Giocattoli) e Lawrence Naesen (AG2R Citroën). Il gruppo gli concede fino a 6′ di vantaggio e decide che quello sarà il massimo gap che possono permettersi.
Si mettono dunque al comando due squadra: la Alpecin-Fenix per Mathieu Van Der Poel e la Intermarché-Wanty-Gobert Materiaux di Biniam Girmay. Si aiutano, collaborano e si coadiuvano all’inseguimento del drappello di testa. Ai -55 dal traguardo però, il primo colpo di scena: VDP rompe il cambio della sua bicicletta. L’ammiraglia tarda ad arrivare e quando giunge la bicicletta del fenomeno olandese ha un rapporto sbagliato. VDP quindi non può ripartire finché la catena non è rimessa al proprio posto. Sembra un’eternità, in realtà sono soltanto 70″, che però in corsa, talvolta, risultano decisivi.
E qui inizia la rincorsa di Mathieu. Fa 6 km a tutta, e grazie anche al lavoro delle ammiraglie oltre che alla sua cilindrata poderosa rientra in gruppo. In fondo, l’abbiamo già detto altre volte: lui, nell’acido lattico, ci sguazza. Salite e discese come nel suo amato ciclocross o in mountain bike. È uno spettacolo per come guida la bicicletta.
Il secondo momento che anima la giornata è posto al km 43, quando i corridori passano da Filottrano, dov’è posto il secondo traguardo volante della giornata. Nulla di strano fin qui, se non fosse che il ridente paesino di 9.000 abitanti in provincia di Ancona, sia il luogo in cui ha vissuto e ha perso la vita Michele Scarponi. Sono già passati cinque lunghi e dolorosi anni da quando Michele è passato a miglior vita e noi no, non ci abitueremo mai.
Filottrano è adornato a festa, perché così avrebbe voluto Michele per il passaggio dei suoi amici corridori. C’è Vincenzo (Nibali), suo ex capitano ma soprattutto amico di lungo corso e compagno di stanza ai tempi dell’Astana. C’è Alejandro (Valverde), amico e compagno di allenamento, c’è Domenico “Mimmo” (Pozzovivo), compagno di mille battaglie sulle lunghe ascese alpine e non. Ci sono tutti, e c’è soprattutto la sua Astana, dove ha, purtroppo, anzitempo, chiuso la propria carriera alla vigilia del Giro 2017.
Immagini di Michele ovunque sui palazzi medievali del borgo, situato in mezzo alle splendide colline marchigiane, dove Michele si allenava, si godeva il tempo libero e soprattutto la propria famiglia. Passano i corridori dalla porta che apre il centro storico. Una folla festante ma malinconica ringrazia il Giro, tutta vestita di rosa, con palloncini e scritte dedicate alla leggenda vincitrice dell’edizione 2011, considerata da molti la più dura degli anni 2000.
Svolta a sinistra e nonostante la commozione, bisogna pensare alla gara. I tre davanti hanno il destino segnato e prima Bais e Naesen vengono ripresi, ai -25, poi è il turno di De Marchi, quando di chilometri ne mancano 21. E qui inizia un’altra corsa. Si va forte e si arriva all’ultimo strappo con il gruppo allungatissimo. Ci sono tutti i favoriti di giornata: VDP, Girmay, Cort-Nielsen, Covi, Albanese, Schmid e ci sono tutti gli uomini di classifica oltre a 3 velocisti che non vogliono schiodarsi dal gruppo.
Gaviria, Démare e Nizzolo però perdono terreno dopo la frenata folle della INEOS, che fa capire il motivo per cui è la squadra più forte presente al Giro. Restano i favoriti e allo scollinamento, in discesa, ci prova addirittura Nibali. Sai che emozione e che meraviglia vincere la tappa dedicata a Michele. Avrà pensato lo Squalo, al suo ultimo Giro della carriera. Non oggi però è arrivato il suo morso. Lo aspettiamo nella terza settimana.
Ci provano tutti ma nessuno fa la differenza. Sarà dunque volata.
Parte Girmay seguito da Van Der Poel. L’eritreo è sempre davanti, l’olandese prova a rifarsi sotto, quasi lo affianca, è vicino…ma…a 50 metri dal traguardo alza bandiera bianca, scuote il capo e con il pollice fa il segno “ok”, lasciando l’onore delle armi a Biniam Girmay. IL PRIMO AFRICANO NELLA STORIA A VINCERE UNA TAPPA IN UN GRANDE GIRO.
È un tripudio assoluto. Dopo l’arrivo il primo che corre ad abbracciarlo è proprio VDP, seguito da tutta la sua squadra (di Girmay), dalla maglia rosa Juan Pedro Lopez Perez e da tutti i corridori giunti sul traguardo. È una festa. Oggi si è fatta la storia del ciclismo, nella tappa dedicata a Michele, che la storia l’ha scritta in tanti modi.
Non ci crede Bini, che ci sta provando dalla prima tappa. Non ci crede ma è consapevole di aver fatto qualcosa di incredibile, per una Nazione, la sua, l’Eritrea, e per un continente intero, l’Africa. E in più ha vinto a Jesi, dove Michele è nato e ha lasciato un’orda di emozioni quest’oggi.
Bini è un vincente, perché la Gent-Wevelgem non la vinci se dentro non ha le stigmate del campione. Bini è però, prima di tutto, un ragazzo dal cuore d’oro, al quale tutti vogliono bene in gruppo. Ed è soprattutto un personaggio che fa solo del bene al mondo del ciclismo.
La sua volata è stata un mix di potenza ed eleganza, alla Boonen per intenderci. E non ce n’è stata per nessuno, nemmeno per VDP, che oggi, come poche altre volte in carriera, si è dovuto accontentare della piazza d’onore. Ma oggi, è un secondo posto che fa meno male, perché ha finalmente aggiunto un intero continente sull’albo d’oro del Giro d’Italia, ed è una cosa che, fino a pochi anni fa, nessuno avrebbe pensato potesse mai accadere.
E la tappa di oggi, sulle strade di Michele, vinta da Bini, è esattamente il motivo per cui il ciclismo, oltre ad essere meraviglioso, è anche uno sport mistico, dove nulla accade per caso.
Domani i corridori percorreranno l’undicesima tappa, la Santarcangelo di Romagna-Reggio Emilia, una tavola da biliardo di 203 km dove si arriverà, quasi sicuramente, in volata. Una delle ultime occasioni per i velocisti prima di un weekend e di una terza settimana da far tremare chiunque.
Intanto oggi, ci siamo divertiti ed emozionati come poche altre volte prima. Ma in fondo, non è questo l’intento del Giro? Far conoscere le storie, le passioni e gli amori di un gruppo di ragazzi che percorre o ha percorso, 3.500 km in lungo e in largo per il Paese più bello del mondo. Lunga vita al ciclismo. Lunga vita alla Corsa Rosa.
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