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“Al culmine di una stagione difficile e stressante per tutti, sfiniti dalla fatica dei giorni precedenti, in cui avevamo accumulato non solo più di 15.000 metri di dislivello in soli 600 km ma anche infiniti trasferimenti, risvegli all’alba, pasti in autobus e con la preoccupazione di non ammalarci in questi tempi eccezionali di crescente emergenza a causa della pandemia mondiale, i tanti timori per il presente e per il futuro, abbiamo chiesto che una tappa pianeggiante di 258 km fosse accorciata di cento chilometri”. Questo il comunicato dell’associazione dei ciclisti professionisti che spiega i motivi alla base dell‘”ammutinamento” dei corridori nel corso della diciannovesima tappa del Giro d’Italia 2020, in cui la carovana ha trovato l’accordo per fermare la corsa a causa del maltempo per chiedere di accorciare il percorso di 100 km: “Nella tappa Morbegno – Asti abbiamo proposto un compromesso, evitando una protesta che avrebbe avuto conseguenze peggiori per l’immagine della corsa. Probabilmente abbiamo sbagliato i tempi, avremmo dovuto confrontarci prima con l’organizzazione e la giuria, ma finora, ogni volta che lo abbiamo fatto, non siamo stati ascoltati. Nemmeno quando ci sono stati gravi incidenti, quando abbiamo chiesto di valutare a monte i percorsi”.
L’associazione dei corridori, presieduta da Gianni Bugno, entra nel merito di quanto successo nella frazione con arrivo ad Asti: “Non avevamo paura della pioggia o del freddo, lo abbiamo dimostrato salendo lo Stelvio a fine ottobre, ma l’ennesimo spettacolo di forza al termine di un Giro estenuante, con una pandemia in corso e le poche attenzioni per la nostra incolumità , è arrivato i nostri occhi semplicemente troppo perché il nostro sistema immunitario possa affrontare una tappa di 260 km con brutto tempo”.
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