[the_ad id=”10725″]
Vincenzo Nibali era il favorito della vigilia e ha rispettato le attese, ma quanta sofferenza per vincere il Giro d’Italia 2016, entusiasmante e ricco di colpi di scena come non lo si vedeva da tempo. Il siciliano si è tinto di rosa proprio sul più bello, dopo una rimonta che entra di diritto nella leggenda del ciclismo italiano. Ora è il momento di tirare le somme e Sportface.it ha stilato le pagelle dell’edizione numero 99 della Corsa Rosa.
Vincenzo Nibali 10. D’accordo, non è stata la stessa macchina perfetta del Giro 2013 e del Tour 2014, ma quello che il messinese ha saputo tirare fuori negli ultimi due giorni di alta montagna è qualcosa di cui ci ricorderemo per molto tempo. Lo Squalo ha ritrovato nuova linfa in altura, ha messo da parte i dubbi, le incertezze, la pressione di dover vincere per forza. E alla fine ha vinto. La tappa a Risoul, la classifica finale a Sant’Anna di Vinadio. Vincenzo è classe pura, genera emozioni con i suoi scatti, i suoi errori tattici, i suoi tweet. Vincenzo è emozione. E poi ha un grande cuore, oltre all’orgoglio innato dei campionissimi. Ha avuto anche fortuna, certo, ma con la sorte devi saper scendere a patti e il guaio meccanico dell’Alpe di Siusi insegna. Nel momento più importante i fuoriclasse trovano quel qualcosa in più e Vincenzo è un fuoriclasse. Un grandissimo plauso va anche all’Astana (voto 9): dopo alcuni errori iniziali (vedi l’attacco pilotato di Roccaraso) nell’ultima settimana Beppe Martinelli ha confezionato un capolavoro tattico. Prima con Michele Scarponi, immenso sul Colle dell’Agnello, poi con Tanel Kangert sulla Lombarda. È mancato il miglior Jakob Fuglsang, ma il team kazako si è dimostrato ancora il più forte.
Esteban Chaves 9. Meriterebbe dieci soltanto per il sorriso il 26enne “Colibrì” colombiano, che dopo aver perso la maglia rosa sul filo di lana dichiara senza musi e polemiche: “Nibali è stato più forte”. Nel 2013 temeva di non poter più correre dopo una bruttissima caduta a Laigueglia e ora eccolo sul podio del Giro d’Italia. “Se tre anni fa me l’avessero detto non ci avrei creduto”. Il talentino della Orica-GreenEDGE ha pagato l’inesperienza nelle due salite decisive di Risoul, quando non è riuscito a tenere il passo di Nibali, e sul Colle della Lombarda, dove si è letteralmente piantato non appena il siciliano ha aumentato la frequenza di pedalata. Ha il merito di aver fatto esplodere la corsa sul Colle dell’Agnello in una giornata che resterà nella storia della Corsa Rosa e di aver fatto sua la splendida tappa di Corvara. Dopo Quintana la Colombia ha trovato un altro corridore per le grandi corse a tappe.
Alejandro Valverde 8,5. Lo spagnolo esordisce a 36 anni sulle strade del Giro d’Italia e lascia subito il segno, conquistando l’ennesimo podio della sua carriera nei tre Grandi Giri. Alti e bassi caratterizzano la prima volta alla Corsa Rosa del murciano, che dimostra ancora una volta la sua classe sopraffina e la sua intelligenza. Messo in crisi da Nibali sul Passo Valparola, il capitano della Movistar si rifà con gli interessi ad Andalo, dove porta a casa la vittoria di tappa. In affanno sul Colle dell’Agnello, è aiutato dalla caduta di Kruijswijk nell’assalto finale al terzo posto. Bello l’abbraccio finale con Vincenzo Nibali. I due non si sono mai amati ma si rispettano.
Steven Kruijswijk 8,5. Alzi la mano chi si sarebbe aspettato l’olandese in maglia rosa a tre tappe dalla fine con 3 minuti sul secondo. A quasi 29 anni il corridore della Lotto-Nl Jumbo è arrivato “a tanto così” dal successo più importante della carriera. Perfetto nel tappone dolomitico con arrivo a Corvara e nella cronoscalata dell’Alpe di Siusi, paga un errore di traiettoria nella discesa dell’Agnello. Un’indecisione gli ha distrutto in una frazione di secondo il sogno rosa, che avrebbe quasi certamente realizzato senza quella caduta. Altro aspetto fondamentale la totale mancanza di compagni di squadra in grado di dargli una mano in salita (Lotto-Nl Jumbo voto 4). Stoico a combattere con le unghie e con i denti nonostante una microfrattura alla costola, è costretto a cedere anche il podio. Per il 2017 è ancora senza squadra ma crediamo non avrà problemi a trovare un contratto.
Diego Ulissi e Gianluca Brambilla 8. In un Giro che ha parlato molto tedesco e molto olandese, l’Italia si è salvata in corner con Vincenzo Nibali. Gli altri due italiani protagonisti dell’edizione numero 99 della Corsa Rosa sono indubbiamente il livornese della Lampre-Merida e il comasco della Etixx-Quick Step. Non tanto per la posizione in classifica generale (21° e 22°), quanto per le emozioni che hanno saputo regalare. Ulissi ha mantenuto una forma strepitosa dall’inizio alla fine, vincendo due tappe (Praia a Mare e Asolo) e piazzandosi al quarto posto nel prestigioso arrivo in salita di Risoul. Brambilla si è preso la soddisfazione doppia ad Arezzo: tappa e maglia. L’immagine del piccolo corridore di Bellano che tira in rosa per il compagno Jungels è una delle cartoline più belle che ci lascia il Giro 2016. A Pinerolo avrebbe potuto lottare per il bis, ma ha preferito sacrificarsi per Matteo Trentin facendo ancora sfoggio di una generosità fuori dal comune.
Bob Jungels 7. In maglia bianca praticamente dall’inizio, ha indossato per due giorni anche la “rosa”. Il lussemburghese chiude 6° della generale e si candida un domani per puntare alla vittoria. A cronometro va già che un piacere, in salita può e deve migliorare.
Rafal Majka 6,5. Il polacco è un buon corridore, ma l’impressione che ha dato è che la sua sia la classica mentalità del gregario (o dell’attaccante da imprese di un giorno) prestata per tre settimane a un ruolo più grande di lui. Sarà sicuramente utile ad Alberto Contador al Tour de France, al Giro è stato solo un rincalzo per la Tinkoff. Il quinto posto finale non è comunque da buttare via.
Andrey Amador 6,5. Non ha migliorato il 4° posto dello scorso anno, ma il corridore della Movistar ha dato spettacolo, regalando discese mozzafiato e una rincorsa alla maglia rosa culminata, dopo tre tentativi, sul traguardo di Cividale del Friuli. La Costa Rica è impazzita per un giorno e lui a suo modo ha fatto la storia del suo paese, essendo il primo costaricense a indossare il simbolo del primato. Chiude comunque nella Top 10 (8°).
Tom Dumoulin 6. Vittoria iniziale da padrone di casa ad Apeldoorn e cinque giorni in rosa. Dopo Roccaraso e il controscatto a Nibali si parlava dell’olandese come possibile mina vagante per la vittoria finale, ma la “Farfalla di Maastricht” si è spenta alle prime vere difficoltà. Probabilmente condizionato da un problema al soprasella, l’uomo che spaventò Fabio Aru alla Vuelta 2015 non faceva più paura a nessuno quando ha deciso di scendere dalla bicicletta nel corso dell’11ª tappa.
Marcel Kittel e André Greipel 6. I due sprinter tedeschi si sono spartiti le prime volate. Vince 3 a 2 il corridore della Lotto-Soudal. Perdono entrambi in realtà, perché abbandonare con la pancia piena è poco rispettoso nei confronti della storia del Giro d’Italia e di tutti quei colleghi che hanno deciso di barcamenarsi chilometri e chilometri di salite nelle ultime due settimane. Kittel saluta dopo 8 frazioni, Greipel dopo 12. Sufficienza piena perché i regolamenti lo consentono, ma è l’ora che si faccia qualcosa per evitare questi addii a tavolino.
Ilnur Zakarin 5,5. Il promettente russo della Katusha esce di scena sul Colle dell’Agnello dopo un volo che poteva avere conseguenze ben più gravi. Non era la prima caduta per Ilnur, sfortunato e anche un po’ maldestro già nella cronometro del Chianti, dove con due scivolate aveva buttato alle ortiche la maglia rosa. In salita è riuscito a essere quasi sempre con i migliori, ma per covare sogni di gloria dovrà imparare a governare la bicicletta.
Rigoberto Uran 5. Da uno che ha fatto due volte secondo al Giro è necessario pretendere qualcosa di più. In ombra per gran parte della corsa, conclude in crescendo, anche se mai veramente protagonista. Il 7° posto della generale a 11’47’’ da Nibali non può certo soddisfarlo. Finisce il suo Giro nel modo peggiore, coinvolto in una caduta nella tappa conclusiva.
Domenico Pozzovivo 4. Crolla nell’ultimo giorno, arrivando a quasi 40 minuti da Nibali. Debacle di Sant’Anna di Vinadio a parte, quello dello scalatore lucano è un Giro d’Italia da dimenticare. Mai uno scatto, mai un guizzo. L’impressione è che il meglio in carriera l’abbia già fatto vedere.
Giacomo Nizzolo e Sacha Modolo 4. Peggior epilogo non poteva esserci per i due velocisti italiani. Senza Elia Viviani, ritiratosi quasi subito, e dopo il ritiro dei due imprendibili tedeschi erano i più attesi. A Cassano d’Adda si sono fatti infilare dallo scatto da finisseur di Roger Kluge. A Torino sono riusciti a ostacolarsi in una volata ristretta. Giacomo ha stretto contro le transenne Sacha e ha esultato. Una gioia immensa dopo 9 secondi posti al Giro, che è però durata lo spazio di trenta minuti. La giuria l’ha declassato. Si consola con la maglia rossa, ma la Germania ha asfaltato l’Italia negli arrivi veloci e dobbiamo farcene una ragione.
Mikel Landa s.v. Il basco si scioglie come neve al sole quando il Giro non è ancora incominciato. Era partito in sordina per la verità, ma le montagne vere dovevano ancora arrivare e pareva essere in ripresa. A Campi Bisenzio (10ª tappa) non sta bene ma prova lo stesso a salire in bici, mettendo presto fine alla sua agonia. Un misterioso virus lo taglia fuori, lui che veniva dato alla vigilia come primo antagonista di Nibali in salita. Per la Sky è l’ennesimo flop alla Corsa Rosa, per Landa una bocciatura (con tutte le attenuanti del caso) al primo esame di maturità.