“Qualsiasi paragone con i grandi del ciclismo è bello ma non mi piace confrontarmi agli altri e poi non so molto della storia dell’epoca perché non ero neanche nato. Mi piace dire che voglio seguire la mia strada, vivere il momento e non guardare al passato e preoccuparmi della storia“. Sono queste le parole di Tadej Pogacar al Festival dello sport di Trento. “Non ho mai avuto un idolo, da giovane non mi interessavo molto al ciclismo – ha detto -. Quando ero in Slovenia guardavo il Tour e poi quando ho iniziato ad appassionarmi c’era Schleck , ma non ho mai avuto un idolo. Mi piace guardare la corse, mi piace farlo da lontano, non mi piace quando si aspetta al traguardo. Forse è per questo che corro in questo modo“. Poi aggiungr: “Il primo anno di ciclismo è stato molto divertente, anche con gli amici che mi sono fatto nel tempo. Mi allenavo, mi divertivo e cercavo di vincere però non era sempre questione di vittorie. Però poi, nelle corse juniores, come il Giro della Lunigiana, ho iniziato a vincere di più e mi sono reso conto di avere del potenziale e che potevo esser adatto a delle corse mondiali. E poi la storia la conoscete tutti”. La sua prima bici era di marca italiana: “Una Bilatto, forse un po’ troppo grossa per me. Volevo iniziare a correre un anno prima ma l’allenatore mi disse che ero troppo piccolo per quel tipo di bici e quindi ho dovuto aspettare un anno. Ho dei ricordi bellissimi del ‘Tour de l’Avenir’, nel 2018 siamo stati la squadra nazionale più forte e ce l’abbiamo fatta a vincere. E un corridore che c’era lì allora mi ha aiutato anche quest’anno a vincere la maglia iridata“.