Si è chiuso il 2019 anche per il ciclismo italiano, che ha vissuto una stagione intensa con tante emozioni e protagonisti importanti. Tra le solite certezze, giovani in rampa di lancio e qualche oggettiva delusione, andiamo a scoprire insieme quali sono stati i corridori che sono stati protagonisti nel bene e non.
I TOP
L’immagine di copertina la merita probabilmente Matteo Trentin, che nel 2019 ha compiuto il definitivo salto di qualità ad altissimi livelli. Corridore completo per le corse di un giorno, capace di imporsi anche nelle tappe dei grandi giri come più volte dimostrato. Il trentino ha iniziato l’anno alla grande in Primavera: piazzamenti alla Parigi-Nizza e top-10 alla Milano-Sanremo, poi una tappa al Tour de France vincendo in fuga e una giornata che sfiora l’epica al Mondiale inglese dove solo un superlativo Pedersen gli nega la maglia iridata. L’argento è forse amaro nell’immediato, ma rappresenta anche il sigillo per la stagione della consacrazione. Chi si è consacrato è senza dubbio Alberto Bettiol, che al Giro delle Fiandre ha regalato un numero d’alta scuola come in Italia non se ne vedevano da anni. L’attacco solitario nel finale con la vittoria in solitaria resta probabilmente uno dei momenti più incredibili del 2019 per tutto lo sport italiano, un’impresa rafforzata poi da piazzamenti di lusso a Tirreno-Adriatico, a cui fa seguito il terzo posto ai Campionati Italiani. Un uomo in più per le Classiche, da tenere d’occhio anche nel 2020.
Ancora meglio ha fatto probabilmente Giulio Ciccone, grande speranza azzurra anche per le corse a tappe. Poche parole e tanta voglia di scattare in salita, l’abruzzese regala spettacolo al Giro d’Italia: miglior tempo sul San Luca nella cronometro iniziale, venti tappe su ventuno in maglia azzurra di miglior scalatore e vittoria di tappa a Ponte di Legno in fuga, sul Mortirolo. Tutto qui? Assolutamente no, perchè Ciccone vola anche al Tour de France dove conquista la maglia gialla alla Planche des Belles Filles. Nella prossima stagione si attende la conferma e un ulteriore salto di qualità per affermarsi definitivamente ai massimi livelli. Chi invece porta sulle spalle il simbolo del ciclismo italiano, ovvero la maglia tricolore, è Davide Formolo. Ottima la stagione di “Roccia”, che in Primavera torna alla vittoria in Catalogna e poi soprattutto centra un gran secondo posto alla Liegi-Bastogne-Liegi, preceduto solo da un inarrivabile Fuglsang. L’impressione è che il 2019 possa aver rappresentato una svolta, dopo anni fatti di piazzamenti nei grandi giri ma pochi acuti.
C’è poi chi con successo si divide tra pista e strada. E’ il caso di Filippo Ganna, ormai punto di riferimento mondiale nei velodromi e ora anche protagonista assoluto a cronometro con il bronzo iridato e tanti altri successi, tra cui il campionato italiano. Il 23enne potrà ancora migliorare molto su strada, con un potenziale che appare davvero elevato. Chi nel 2020 tornerà forte sulla pista ma senza dimenticare la strada è Elia Viviani: una stagione vincente quella del velocista azzurro, che si impone agli Europei e alla Classica di Amburgo oltre che in una tappa del Tour per la prima volta in carriera. Unico neo al Giro d’Italia, con la squalifica di Orbetello che lo porta al ritiro. Ma la stagione rimane oltremodo positiva.
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I FLOP
Probabilmente l’unico vero bocciato del ciclismo italiano nel 2019 è Gianni Moscon. Una stagione davvero deludente quella del 25enne, che non può essere completamente salvata dal quarto posto al Mondiale dopo un lavoro sontuoso in supporto a Trentin. Poco utile anche al Tour per i compagni di squadra Bernal e Thomas, ma sicuramente nelle prossime stagioni avrà tempo e modo per riscattarsi e crescere ancora per togliersi grandi soddisfazioni. Altro talento finora inespresso e in ombra nel 2019 è Diego Rosa, che al Team Ineos non ha avuto moltissimo spazio e forse ha pagato anche questa scelta di squadra.
Completamente diverso il discorso relativo a Fabio Aru, che rientra nei “flop” ma meriterebbe forse un “senza voto”. Altra stagione condizionata anche dalla sfortuna per il “Cavaliere dei quattro mori”, che ha saltato praticamente metà stagione a causa di un’operazione alla gamba. Grande abnegazione quella del sardo, che fa di tutto pur di essere al via del Tour de France e chiude la Grande Boucle con un onorevole piazzamento in top-15. Alla Vuelta è invece costretto al ritiro, vittima di un virus. Il 2020 si prospetta come l’ultima occasione per Aru, considerato per anni il vero e legittimo erede di Nibali per i grandi giri. La speranza è che senza troppe pressioni e aspettative il sardo possa tornare ad esprimersi ad altissimi livelli con continuità.