Il 2024 del ciclismo mondiale è sinonimo di Tadej Pogacar. Le classiche pagelle di fine stagione non possono che incoronare ed esaltare ulteriormente l’annata del fenomeno sloveno, che ha raggiunto traguardi con cui si è meritato ampiamente l’appellativo di Leggenda sportiva a soli 26 anni. Le 25 vittorie stagionali descrivono un dominio assoluto, iniziato a marzo con la Strade Bianche a la Volta a Catalunya e poi proseguito nell’ordine con Liegi, Giro d’Italia, Tour de France, Grand Prix de Montreal, Mondiale, Giro dell’Emilia e Giro di Lombardia. Un palmarès che la maggior parte dei corridori non si sogna nemmeno in una carriera intera e che invece “Pogi” ha raccolto in meno di otto mesi.
A impressionare è stata la facilità , in alcuni casi apparente ma in tanti altri oggettiva, con cui lo sloveno ha sbaragliato la concorrenza anche attaccando da lontano. In tal senso è emblematico il trionfo del Mondiale di Zurigo, quando Tadej ha salutato tutti a 100 km dal traguardo. Numeri d’altri tempi, che fanno legittimamente scomodare paragoni con i vari Coppi, Merckx e chi più ne ha più ne metta. In questo 2024 è infatti diventato il primo corridore nella storia a vincere due Monumento, il Giro d’Italia, il Tour de France e il Mondiale nello stesso anno. Spesso i dominatori non risultano simpatici al pubblico, ma sulle strade di tutto il mondo Pogacar raccoglie consensi e grandissimo tifo da parte delle migliaia di persone che lo attendono per assistere anche solo per un istante al suo passaggio.
Con queste premesse è davvero difficile parlare del resto della compagnia, quelli che potrebbero essere definiti i “primi degli umani”. Senza dubbio molti di questi hanno visto la propria stagione fortemente condizionata dalla terribile caduta di gruppo del Giro dei Paesi Baschi, che ha rilanciato il tema sempre spinoso della sicurezza all’interno di un ciclismo sempre più veloce e “stressante” all’interno del gruppo. Ad uscirne probabilmente nel migliore dei modi è stato Remco Evenepoel, che a 24 anni è stato probabilmente l’unico a scrivere un’importante pagina di storia senza chiamarsi Pogacar. Il belga ha infatti chiuso al terzo posto il primo Tour de France della carriera, poi ha firmato una straordinaria doppietta d’oro alle Olimpiadi di Parigi vincendo sia la prova in linea che la cronometro per poi chiudere confermandosi uomo da battere nelle prove contro il tempo anche al Mondiale di Zurigo. L’altro uomo copertina della stagione non può che essere lui.
Applausi li merita comunque anche Jonas Vingegaard, che con un recupero a tempo di record dalla caduta dei Paesi Baschi si è presentato al via del Tour de France da campione in carica ma con tante incognite. Alla fine il secondo posto alle spalle di Pogacar è comunque un risultato di grandissimo spessore, che lascia sperare per grandissime sfide già nel 2025 se la preparazione sarà ottimale. La vittoria della Tirreno-Adriatico aveva infatti lasciato presagire grandi aspettative per il danese, che poi ha dovuto fare i conti con fratture multiple in seguito a una caduta che avrebbe potuto avere conseguenze ben peggiori.
Il tutto senza dimenticare un mai domo Primoz Roglic, che nonostante le numerose cadute chiude la stagione con il successo al Giro del Delfinato ma soprattutto con la quarta Vuelta a Espana della carriera. La chimera del Tour de France rimane e molto difficilmente sarà colmata a 35 anni suonati, ma sicuramente il campione sloveno rimane uno dei massimi interpreti delle grandi corse a tappe.
Nel capitolo delle grandi Classiche invece una menzione se la merita tutta Mathieu Van der Poel, che in primavera ha firmato una pesantissima doppietta con Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix. Stagione molto avara di soddisfazioni per il suo rivale di sempre Wout Van Aert, che sicuramente tornerà nel 2025 alla ricerca dello smalto del giorni migliori. Tra le Monumento è stata anche la stagione di Jasper Philipsen, vincitore della Milano-Sanremo e poi di tre tappe al Tour de France. Tre tappe al Giro d’Italia sono invece state quelle vinte da Tim Merlier, che insieme al connazionale Philipsen rappresenta in questo momento forse il top tra i velocisti.
In questa cerchia si inserisce però anche Jonathan Milan, che insieme a Filippo Ganna è in questo momento una delle punte del movimento italiano. Il 2024 di Milan si chiude con 11 vittorie su strada, tra cui spiccano tre tappe al Giro d’Italia (con tanto di seconda maglia ciclamino consecutiva) e due alla Tirreno-Adriatico. Se si considera anche il trionfo nell’inseguimento individuale ai Mondiali su pista, siamo davvero di fronte a un talento cristallino i cui limiti sono ancora tutti da scoprire. Per il resto il ciclismo italiano ha raccolto davvero poco a livello World Tour, confermando un trend negativo che ormai prosegue da almeno tre anni. L’attesa è tutta per i giovani in rampa di lancio, con i vari Pellizzari e Piganzoli chiamati a confermare quanto di buono fatto intravedere in questi mesi. Il tutto senza dimenticare Antonio Tiberi, quinto al Giro d’Italia e in alta classifica anche alla Vuelta prima del ritiro nella nona tappa.