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Il 2019 è ormai giunto alla conclusione, tempo dunque di bilanci anche per la stagione di ciclismo appena conclusa con un occhio a quello che potrà riservarci il 2020 delle due ruote su strada. La chiusura del decennio rappresenta alla perfezione il momento di cambio generazionale che sembra essere in atto, con tanti giovani saliti alla ribalta in maniera anche prepotente e astri nascenti che stanno crescendo a velocità davvero impressionante.
IL NUOVO CHE AVANZA
Impossibile non iniziare da Egan Bernal, che a 22 anni ha mostrato al mondo intero tutto il bene che di lui si diceva già da tempo. Ovviamente l’apice della stagione è il trionfo al Tour de France, ma a rendere davvero perfetto il suo 2019 sono anche le vittorie finali alla Parigi-Nizza e al Giro di Svizzera. Ma Bernal può dire la sua anche nelle corse di un giorno, come dimostra ad esempio il terzo posto al Giro di Lombardia. Un ragazzo piccolo di statura, ma con un grandissimo talento destinato con ogni probabilità ad essere protagonista per tutto il nuovo decennio. Il 2019 è stato anche l’anno della consacrazione di Richard Carapaz, vincitore storico del Giro d’Italia per l’Ecuador. Non ha avuto la continuità di Bernal e non sembra averne nemmeno il talento cristallino, ma anche lui suona la carica per spodestare definitivamente la “vecchia” generazione.
Attenzione poi a Tadej Pogacar, uno che fa sembrare Carapaz già troppo vecchio. Esordio da professionista impressionante dello sloveno classe 1998, che al suo primo anno vince da subito e poi esplode in maniera roboante alla Vuelta, dove vince tre tappe di alta montagna consecutive, la maglia bianca di miglior giovane e il terzo gradino del podio finale. Destinato a regalare emozioni forti, sarà uno dei corridori che non farà rimpiangere la vecchia guardia.
Ma il 2019 è stato anche l’anno di corridori che non hanno ancora vinto ai massimi livelli su strada, ma che sono destinati ad una carriera folgorante. Il mondo ha infatti scoperto l’immenso potenziale di Remco Evenepoel e Mathieu Van der Poel: il primo ha trionfato agli Europei e a San Sebastian, il secondo ha dominato nel ciclocross e su strada ha collezionato la vittoria all’Amstel Gold Race oltre a svariate Classiche, cedendo solo nel finale di un Mondiale che lo ha visto protagonista. Meno di 44 anni in due, un futuro a dir poco radioso davanti a loro.
LE CONFERME E CHI NON SI ARRENDE AL TEMPO CHE PASSA
Se Bernal e Carapaz si sono portati a casa due grandi giri, non è stato di certo da meno uno straordinario Primoz Roglic. Lo sloveno raggiunge la piena maturazione a 29 anni e vince per tutta la stagione con una completezza e una tenacia disarmanti: tra i successi più importanti Tirreno-Adriatico, Giro di Romandia e Vuelta, senza dimenticare il terzo posto al Giro d’Italia che è forse l’unico rimpianto di un’annata per il resto perfetta. Altra conferma di altissimo livello non può che essere quella di Julian Alaphilippe: il fuoriclasse francese regala magie in Primavera vincendo Strade Bianche, Sanremo e Freccia Vallone con tanti altri piazzamenti di lusso. Ma Alaphilippe stupisce il mondo al Tour de France, dove il transalpino si scopre corridore da grandi giri chiudendo al quinto posto: l’impressione è che davvero non ci siano limiti o confini da potersi porre.
Conferma di lusso anche per Jakob Fuglsang, che a 34 anni arriva forse con un pizzico di ritardo ai livelli a cui era atteso da tempo. Il danese incanta a Primavera sulle Ardenne, con tre podi nel Trittico e la vittoria della Liegi. Competitivo durante tutto l’anno, vince il Delfinato e poi purtroppo è costretto al ritiro al Tour. Ma la sua stagione è di assoluta eccellenza. E se a 34 anni ci si può sentire già “anziani” di fronte a tutto il nuovo che avanza, c’è chi della carta di identità continua a fregarsene: è il caso di Alejandro Valverde e Philippe Gilbert, che continuano a regalare perle di bellezza infinita. Lo spagnolo chiude secondo alla Vuelta alle spalle di Roglic, dopo l’ennesimo titolo nazionale e il nono posto del Tour. Il belga conquista un altro tassello con il trionfo alla Roubaix a 37 anni, per poi chiudere con due tappe alla Vuelta. Eterni, lassù dove osano solo gli highlander.
I DELUSI E GLI ASSENTI: CERCASI RISCATTO NEL 2020
Finora abbiamo parlato di coloro che hanno brillato nel 2019, ma per alcuni questa è stata purtroppo una stagione nera, da dimenticare e talvolta nemmeno mai iniziata davvero. E’ il caso di Chris Froome, caduto durante una ricognizione del Delfinato e finito sotto i ferri con fratture multiple in terapia intensiva. Stagione finita ma soprattutto carriera a rischio, anche se il Keniano Bianco sembra davvero pronto a tornare. Vedremo come, certo è che un ritorno ad altissimi livelli sarebbe probabilmente l’impresa più incredibile della carriera di un quattro volte vincitore del Tour. Situazione analoga per Tom Dumoulin, che non è più tornato alle corse da quella maledetta caduta nella quinta tappa del Giro d’Italia. L’olandese dalla sua ha cinque anni in meno rispetto a Froome, ma anche lui dovrà completare un difficile percorso di rientro. La speranza è quella di vederli presto sulle strade in grande forma.
Il vero grande deluso di questo 2019 è senza dubbio Peter Sagan. Quinto alla Roubaix, quarto alla Sanremo, quinto al Mondiale e record di maglie verdi al Tour centrato. Per chiunque altro sarebbe un bilancio quantomeno sufficiente, ma da un fuoriclasse totale come lo slovacco ci si aspetta sempre molto di più. Sicuramente ha vissuto la stagione peggiore della carriera, vedremo se saprà riprendersi visto che a 29 anni c’è ancora molto spazio per tornare ai massimi livelli che gli competono. Grande delusione anche per Michal Kwiatkowski, mai davvero protagonista quest’anno nemmeno nelle vesti di gregario di lusso: un’involuzione davvero inattesa quella del polacco ex campione del mondo. Il 2020 dovrà essere riscatto (o ultima chiamata) anche per i vari Sergio Henao, Wilco Keldermann e Romain Bardet, oltre che per i velocisti “desaparecidos” Gaviria, Greipel e Cavendish.
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