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“Io sono stato il primo ad essere severo con me stesso e amareggiato. Ma negli ultimi tempi qualcosa è cambiato. I due mesi dopo l’ennesima delusione dell’ultima Vuelta sono stati i peggiori. Momenti brutti brutti. Poi, la svolta. Ho fatto un ‘reset’ mentale. Sono ripartito“. Queste le parole di Fabio Aru alla vigilia del suo trentesimo compleanno. Il ciclista si è raccontato in un’intervista a La Gazzetta dello Sport, in cui ha raccontato gli ultimi tre anni della sua carriera, difficili e senza vittorie: “Cercare scuse non è da me. Non ho combinato niente. Sono stato a un livello che non mi appartiene. Per tanti corridori arrivare nei primi 15 a un Tour de France sarebbe un ottimo risultato. Per me non lo è stato“.
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Qualcuno ha anche messo in discussione il suo ingaggio alla Uae-Emirates. “Se c’è una cosa che non mi possono dire è che non sia professionale” ha sottolineato Aru, “se non avessi dimostrato quanto valevo, non sarei mai arrivato a certi livelli, di risultati ma anche economici. Bisogna essere obiettivi: nessuno mi ha regalato niente. Poi, obiettivo lo sono pure io: non ho reso“. “In questi mesi non ho pensato troppo, mi sono concentrato sulla bici, sugli allenamenti, sul programma. Mi sento calmo, tranquillo” assicura il corridore, “ci sono stati anche tanti errori miei e non solo miei. Un mix di cose. Ma ora ciò che voglio è solo essere al mio livello, quello che ho già dimostrato“.
L’obiettivo è tornare ad una vittoria che rappresenterebbe “la ciliegina sulla torta“, ma “più di tutto voglio sentirmi di nuovo realizzato sulla bicicletta, e riprovare certe sensazioni“, specie in salita, dove “avere la forza di attaccare, di staccare gli altri. Di dare spettacolo. Poi magari ti riprendono e arrivi quinto. Ma sei stato vivo“. All’ultimo Tour invece, “restavo nei primi 15, soffrivo, facevo l’elastico e poi mi staccavo ma senza avere fatto vedere niente” spiega Aru. “Se riuscirò a tornare l’Aru di prima? Né faccio proclami, né mi pongo limiti. Inseguo costanza ad alto livello. Ero così anche da Under 23. Un anno feci 60 gare: 40 volte nei 10, 18 sul podio. Per me era una grande stagione, non come vincere e sparire“.
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