La Procura della Repubblica di Forlì ha confermato l’infiltrazione camorrista al Giro d’Italia 1999, quando Marco Pantani, a un passo dalla vittoria, venne espulso per un ematocrito superiore al limite consentito. Una notizia che rincuora i tifosi, ma che forse rende ancor più amaro l’epilogo che ha condotto il Pirata alla morte soltanto cinque anni più tardi, il 14 febbraio 2004. La famiglia del campione di Cesenatico è ora più serena, ma la battaglia legale continua, come ha ammesso in esclusiva a Sportface.it l’avvocato Antonio De Rensis. Il pubblico ministero Sergio Sottani ha definito “credibili” le reiterate minacce nei confronti degli addetti al prelievo ematico. Decisiva una cimice posizionata nell’abitazione di un camorrista, da cui è emersa la prova regina, l’intercettazione pubblicata ieri da Premium Sport. Cinque “sì” per dimostrare che il Pirata è stato realmente fregato, derubato della sua integrità sportiva ancor prima che del secondo Giro d’Italia. Eppure, sembra vicina una nuova archiviazione del caso. L’avvocato De Rensis ha provato a fare chiarezza ai nostri microfoni sulle prossime mosse giudiziarie di mamma Tonina e papà Paolo.
Avvocato De Rensis, la procura di Forlì ha confermato che dietro l’espulsione di Marco Pantani dal Giro d’Italia del 1999 c’è l’ombra delle infiltrazioni camorristiche. Qual è la stata la prima reazione della famiglia del Pirata?
“Ovviamente c’è grande soddisfazione, anche se amara, perché la tragedia ormai si è consumata tanti anni fa. Però questa indagine ridisegna la storia di quel 5 giugno 1999 e restituisce dignità a un campione assoluto dello sport italiano, a cui è già stato fatto troppo male”.
Si aspettava che l’inchiesta potesse arrivare a una svolta dopo gli anni di ingiustificato silenzio successivi alla prima archiviazione?
“Abbiamo sempre avuto grande fiducia nell’indagine della Procura di Forlì, perché si è sempre adoperata alla ricerca di una verità alternativa, diversa da quella ufficiale. Sapevamo che quella era la strada giusta e alla fine direi che non ci eravamo sbagliati…”.
Il pm Sergio Sottani ha però aggiunto: “Gli elementi acquisiti non sono idonei ad identificare gli autori dei reati ipotizzati”. Insomma, dopo la svolta si va verso una nuova archiviazione. Non crede sia comunque una sconfitta per la giustizia italiana?
“È una grande sconfitta per chi all’epoca non è riuscito a capire che ci fosse qualcosa di strano, che i controlli antidoping fossero alterati. E poi questa seconda richiesta di archiviazione rappresenta comunque un atto di accusa, perché conferma la presenza dell’infiltrazione camorristica. Non ci sono più dubbi”.
Come agirete ora? Si può ancora fare qualcosa in campo civile e sportivo?
“Innanzitutto ci opporremo alla richiesta di archiviazione. In secondo luogo cercheremo di agire anche in funzione di una riscrittura della storia di quel Giro d’Italia 1999, perché Marco Pantani non l’aveva vinto, l’aveva stravinto…”.
Ci sono, quindi, concrete possibilità che a Marco Pantani venga assegnato quel Giro d’Italia?
“Io penso di sì, o almeno noi combatteremo per avere almeno una co-assegnazione ad honorem postuma (dopo la squalifica di Pantani fu Ivan Gotti a vincere quell’edizione maledetta della Corsa Rosa, ndr). D’altronde, i fatti sono chiari. Non c’è solo l’intercettazione che sta girando in queste ore, ma una serie di dichiarazione univoche di altre persone informate sui fatti”.
C’è già una data per la prossima tappa di questa vicenda?
“Dobbiamo aspettare i prossimi giorni. Credo che ne sapremo di più la prossima settimana”.
Ci dobbiamo attendere novità anche sull’indagine relativa alla morte di Marco?
“Anche qui siamo in fiduciosa attesa: stiamo aspettando la decisione del Gip e anche su questa indagine attendiamo risposte che ad oggi non sono ancora arrivate”.