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Nello sport, grande assente degli ultimi mesi per via dell’emergenza Covid-19, sono molte le componenti che entrano in gioco per un atleta, come impegno, passione ed emozione, ma ciò che conta di più sono i risultati e gli obiettivi da conseguire. Quando questi arrivano, gli sportivi ricevono giustamente attestati di stima e complimenti da media e tifosi ma, al primo momento di difficoltà , si rischia di essere ricoperti da pesanti critiche che, in alcuni casi, possono destabilizzare l’equilibrio interiore del diretto interessato.
Un copione visto spesso in diversi sport, anche nel ciclismo, e uno dei corridori che più di ogni altro è stato protagonista di questa fenomeno è Fabio Aru. Il sardo, infatti, dopo aver ottenuto nel 2014 il terzo posto al Giro d’Italia e nel 2015 il secondo posto ancora nella corsa rosa e il successo nella classifica generale della Vuelta di Spagna, sembrava essersi un po’ perso per strada, non riuscendo a dare seguito alle precedenti grandi prestazioni.
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Fabio Aru, nato a San Gavino Monreale il 3 luglio 1990, disputa un 2016 in sordina, venendo anche duramente criticato, ma l’anno successivo è pronto per tornare a gareggiare ad alti livelli, come già dimostrato in passato. Il ciclista sardo prende parte alla prova in linea Gran Piemonte, che parte da Asti ed arriva ad Ivrea, riuscendo a vincerla per distacco e laureandosi campione italiano 2017.
Il 1° luglio il ragazzo dell’Astana si presenta al via del Tour de France con grandi ambizioni e con la maglia tricolore indosso; tra i suoi principali avversari, in lizza per il primato nella classifica generale, ci sono Chris Froome, Rigoberto Uran, Romain Bardet, Daniel Martin, Simon Yates e il veterano Alberto Contador.
Dopo la cronometro individuale in apertura dell’evento vinta da Geraint Thomas, le tre tappe seguenti sono interamente pianificate per i velocisti delle varie squadre, infatti, a vincere sono, nell’ordine, Marcel Kittel, Peter Sagan e Arnaud Demare.
Il primo vero banco di prova per gli uomini di classifica generale giunge il 5 luglio nella quinta frazione, con partenza da Vittel ed arrivo in salita a La Planche de Belles Filles, che prevede un’ultima salita di 5,9 km alla pendenza media dell’8,5% e massima al 20%; l’ultimo italiano capace di compiere tale impresa fu Vincenzo Nibali nel 2014.
Nei primi tre quarti di gara la tappa non regala grandissime emozioni, poiché i favoriti della vigilia scelgono una strategia attendista, per riprendere prima i fuggitivi di giornata e poi lanciare l’offensiva decisiva. Una volta tornati in testa al gruppo i big iniziano a studiarsi, su tutti Froome e Martin, che sembrano in grado di attaccare in qualsiasi momento.
Dopo l’arrivo in quota, che non scuote particolarmente la graduatoria, Aru scatta all’improvviso e lascia alle sue spalle il gruppo dei migliori, mentre il britannico del Team Sky reagisce quando è ormai troppo tardi, portandosi dietro anche Bardet, Porte e Martin.
Fabio Aru, nonostante sia visibilmente provato dal grande sforzo, rilancia la propria azione, tagliando il prestigioso traguardo di La Planche de Belles Filles in prima posizione, davanti a Daniel Martin e Chris Froome, che riesce comunque a sfilare la maglia gialla al compagno di squadra Thomas.
Un successo estremamente importante per il sardo che, dopo un anno complicato, anche a causa delle critiche ricevute, trova il suo riscatto personale in una tappa che solo un vero campione dalle enormi qualità poteva portare a casa.
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