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Esattamente il 10 maggio di dieci anni fa, Wouter Weylandt vinceva la terza tappa del Giro d’Italia da Amsterdam a Middelburg. Si trattava della dodicesima vittoria da professionista per l’allora 25enne belga, ignaro di un crudele destino che sempre nella terza tappa di un anno dopo gli sarebbe costato la vita.
Tanti anni passati alla Quick-Step, facendo parte del “treno” del connazionale e capitano Tom Boonen ma anche con le possibilità di brillare di luce propria. Fino ad allora il suo principale successo era arrivato con la vittoria della sedicesima tappa della Vuelta 2008, ma l’occasione arriva anche sulle strade del Giro. Il 10 maggio 2010 i 224 chilometri da Amsterdam a Middelburg sono costellati dalle insidie dei “ventagli” e delle cadute: tanti big rimangono attardati così come i favoriti per l’arrivo in volata. Le ultime centinaia di metri sono davvero tortuose, uno sprint ristretto e caotico nel quale Weylandt ha la meglio su Brown e Forster andando a vincere a braccia alzate.
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Passa un anno e Wouter Weylandt torna al Giro d’Italia con la maglia della Trek-Segafredo. Il destino vuole che sia ancora la terza tappa, la Reggio Emilia-Rapallo: a circa 25 km dall’arrivo sulla discesa del Passo del Bocco, Weylandt cade oltre il parapetto per diversi metri. Le sue condizioni appaiono subito disperate e nonostante la rapidità dei soccorsi, l’elicottero non può intervenire in quel punto e dopo oltre 40 minuti di tentativi di rianimazione, viene annunciato il decesso del 26enne belga.
Il giorno dopo è impossibile continuare come se niente fosse, così ad un anno esatto dalla vittoria di Weylandt a Middelburg i corridori decidono di neutralizzare la quarta tappa: la Quarto dei Mille-Livorno viene percorsa come una lunga processione. Le squadre si alternano a “tirare” in testa al gruppo e nel finale avanzano di qualche metro i compagni di squadra della Trek-Segafredo insieme a Tyler Farrar, amico e compagno di allenamenti di Wouter. Troppo dolore per lo statunitense, che quella sera decide di ritirarsi dal Giro. Le immagini sono commoventi, con un pubblico che ricorda Weylandt tramite il suo numero di gara, quel 108 che da allora non è più stato indossato da nessun corridore al Giro d’Italia.Â
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