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In tutta l’ultracentenaria storia del Giro d’Italia, pochissimi altri corridori possono vantare un forte connubio con una singola montagna. Se però ai veri appassionati delle due ruote viene ricordato il Monte Bondone, allora il protagonista della storia può essere uno e uno solo: Charly Gaul. Lo scalatore lussemburghese, protagonista assoluto nella seconda metà degli anni ’50, deve proprio alla salita trentina l’esplosione della sua carriera ad alti livelli. Nel corso degli anni si guadagnerà con pieno merito il soprannome di “angelo della montagna”, ma in questo caso la sua storia è da “angelo del ghiaccio”: andiamo a scoprire insieme perchè.
Venerdì 8 giugno 1956 va in scena la Merano-Monte Bondone di 242 chilometri, ventunesima e penultima tappa della trentanovesima edizione del Giro d’Italia. Una frazione resa molto impegnativa dal percorso, che prevede ben cinque salite: Costalunga, Rolle, Gobbera e lo sterrato del Brocon prima dell’ultima ascesa al Monte Bondone. Al mattino in maglia rosa c’è Pasquale Fornara, ma già alla partenza di Merano il clima è da tregenda con pioggia e vento gelido ad accogliere gli 86 corridori ancora in gara.
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Con il passare dei chilometri e delle salite, la selezione si fa subito sentire: in testa sul Costalunga c’è subito Gaul, che ad inizio tappa era a 17 minuti da Fornara, insieme a Federico Bahamontes e Jean Dotto. Gli attaccanti vengono ripresi prima del Passo Rolle, ma qui Gaul attacca nuovamente e stavolta in solitaria andando a scollinare in vetta con due minuti e mezzo su Monti. Quest’ultimo però lo raggiunge e supera in discesa, mentre alle loro spalle fioccano cadute, ritiri e sofferenze di ogni tipo. In corsa c’è anche Fiorenzo Magni, ormai 36enne ma deciso a non mollare: quel giorno Magni corse con una clavicola fratturata mordendo un tubolare tra i denti per il dolore.
Monti riesce a transitare per primo sul Gobbera, ma Charly Gaul torna all’attacco sullo sterrato del Brocon in condizioni inimmaginabili data l’assenza dell’asfalto in quel tratto di corsa. Monti va in crisi nera e perde minuti su minuti, mentre alle spalle del lussemburghese Defilippis (maglia rosa virtuale) e Fornara si ritiravano così come i vari Bahamontes e Poblet. In vista di Trento, Gaul inizia a salire sul Monte Bondone aumentando sempre più il vantaggio: la pioggia diventa neve e ben presto, da vero “angelo del ghiaccio”, lo scalatore si ritrova a pedalare in mezzo alla tormenta.Â
Dopo nove ore, sette minuti e ventotto secondi di corsa, Charly Gaul trionfò sul Monte Bondone dove la temperatura era di quattro gradi sotto lo zero. Le immagini parlano chiaro, Gaul venne tolto di peso dalla bicicletta, in uno stato di semi-assideramento: solo diversi minuti dopo, immerso nell’acqua calda, riuscì a parlare. Alle sue spalle arrivò dopo sette minuti Alessandro Fantini, mentre al terzo posto un superbo Fiorenzo Magni con la sua clavicola fratturata e il tubolare tra i denti. Gaul non solo scrisse il suo nome nella storia, ma andò anche a vestire di rosa vincendo due giorni dopo il Giro a Milano. Vincerà anche il Tour 1958 e il Giro 1959, ma quel giorno di giugno sul Bondone rimane unico e inimitabile. Degli 86 corridori partiti da Merano, soltanto 43 tagliarono il traguardo e di questi due finirono fuori tempo massimo.
Charly Gaul morì nel dicembre 2005 e dal 2006 ogni anno la “Leggendaria Charly Gaul” torna sul Bondone in suo onore, per ricordare il suo “angelo della montagna” che in quel giorno divenne “angelo del ghiaccio”.
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