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Stadi chiusi, poi mille persone, quindi il 25% per gli Europei. In Serie A si arriva al 50%, poi il 75%, ma niente 100% nonostante le richieste dei club e una situazione sotto controllo coi vaccini, in più la percentuale è condizionata alle fasce di colore e scende con l’inscurirsi della fascia di rischio delle regioni, poi questo limite decade ma allo stadio ci vanno solo i possessori di green pass e da dicembre soltanto chi è vaccinato o guarito, mentre da gennaio se i tifosi non indosseranno le mascherine FFP2 allo stadio la società potrebbero pagare con un turno a porte chiuse. Nel frattempo, le Ats e le Asp della penisola che continuano a operare in modo non omogeneo sul territorio, tra quarantene e interventi non coordinati che hanno portato, proprio in chiusura di anno, alla farsa di Udinese-Salernitana. Se c’è una certezza, è che nel 2021 la questione Covid legata al calcio non sia stata gestita esattamente nel migliore dei modi.
E’ chiaro, si tratta di un’emergenza ancora di difficile gestione, bisogna barcamenarsi tra varianti e pressioni da parte delle federazioni e delle leghe. Ma il Governo, va detto, è sembrato spesso in confusione, se ci limitiamo al suo operato nei confronti delle istanze del mondo del calcio. Forse la mancanza di un reale ministero pesa, senza voler sminuire il lavoro discreto di Valentina Vezzali che ha preso le redini a inizio anno dopo il disastro con Spadafora. Ma sono stati troppi i passi in avanti ai quali sono seguiti repentini dei cambi d’idea, e alcune restrizioni restano incomprensibili a livello sanitario, spiegabili soltanto forse da un punto di vista meramente politico in termini di prudenza. E a rimetterci, va detto, sono le società , i tifosi, chi lavora nel mondo del calcio che, ricordiamolo, contribuisce all’1% del Pil italiano. E che è stato trattato a volte come l’ultima ruota del carro. Da non sottovalutare, tra l’altro, come le restrizioni e la confusione nella gestione della pandemia nel mondo del pallone abbia poi delle fattive ricadute sui temi prettamente sportivi. E’ chiaro che non si può ridurre a questo il fatto che l’Italia si è dovuta giocare i playoff dei Mondiali, ma se contro la Svizzera all’Olimpico si fosse osato aprendo al 100%… Non è mancato, d’altro canto, quantomeno l’assistenzialismo, e con Draghi i ristori per le piccole società di calcio dilettantistiche, quelle che al contrario delle squadre professionistiche rischiano concretamente il fallimento, sono arrivati con maggior puntualità e in modo più copioso. Nella letterina di Babbo Natale, però, chiediamo solo una cosa: più chiarezza, meno passi azzardati in avanti se poi bisogna tornare indietro, zero promesse e più fatti affinché il calcio, uno dei motori nonché aggregatore del nostro Paese, non venga più offuscato dalle ricadute negative della pandemia.
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