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I miracoli dello sport, almeno in quelli di squadra, hanno qualche volto in copertina e un progetto solido alle spalle. Il volto di chi vince da protagonista e il progetto di chi ha una disponibilità economica importante, uno sponsor che ha deciso di investire fondi superiori agli altri su un successo sportivo. Perché nello sport moderno la qualità costa, e senza qualcuno che la paghi non si può imbastire un progetto efficace.
Lo dimostrano il calcio italiano ed europeo, in tutte le loro sfaccettature. Rimanendo ancorati al presente, Suning acquista l’Inter e mette in cima alla lista delle azioni da promuovere per rilanciare il club lo sponsor. Pirelli non basta, non è internazionale e non garantisce abbastanza introiti. L’azienda produttrice di pneumatici è partner storico, d’accordo, ma sborsa la metà di Fly Emirates per i cugini del Milan e di Jeep per la Juventus. Gli uomini d’affari lo hanno capito: vincere è una questione di denaro, partnership e contratti plurimilionari.
L’esempio può arrivare dalla Spagna, dove le due squadre più vincenti degli ultimi anni possono contare su contratti da capogiro. A cominciare dal Barcellona, che firmando per Qatar Airways ha messo per la prima volta uno sponsor tecnico sulle maglie. Tante polemiche, ma intanto i quasi 40 milioni di euro (più bonus) a stagione hanno permesso di comprare Neymar e Suarez. Ok la cantera, ma qui si parla d’altro. Come nel caso del Real Madrid, che per finanziare una campagna acquisti ogni anno sontuosa riceve da Fly Emirates più o meno la stessa cifra dei rivali. Allora 35 milioni per Kovacic possono anche essere compresi, se arrivano da qualche sponsor. Tra le piccole all’estero il miracolo Leicester porta il nome di King Power, che ha decuplicato gli incassi del club dal 2011. Così come la rinascita dei Rangers di Glasgow, tornati nella massima serie scozzese dopo il fallimento del 2012, ha impresso il sigillo del casinò online 32Red, suo main sponsor da un paio d’anni.
Rimanendo in tema di sport di squadra, anche il basket italiano è di solito dominato dalla formazione con lo sponsor più solido. L’egemonia di Siena è durata fino a quando Monte dei Paschi ha deciso di associare il proprio nome al quinquetto toscano, poi il castello è crollato e la squadra fallita. A quel punto il ruolo di protagonista è passato a Milano, che ha nell’Emporio Armani il partner ideale per puntare in grande. Lo scudetto di quest’anno è solo la conferma di quanto visto anche nella scorsa stagione, quando la vittoria di Sassari risultò a tutti gli effetti una sorpresa. Pur supportata dal Banco di Sardegna, che ha impiegato fondi non da poco.
Chiudiamo l’analisi con il ciclismo, forse lo sport di squadra in cui la questione sponsor è più importante. Dalla partnership principale, che in genere dà anche il nome alla formazione, dipende di fatto il tetto di stipendi e la possibilità di ingaggiare ciclisti. Il miliardario Oleg Tinkov ha potuto permettersi Contador e altri atleti del calibro di Majka, Kreuziger e Sagan soltanto grazie ai fondi della sua banca Tinkoff, che a fine anno uscirà dal settore. I successi di Froome al Tour dell’anno scorso e Nibali in questo Giro d’Italia devono molto al contributo dei loro compagni di squadra, selezionati grazie alla disponibilità economica di Sky e Astana, che dipende dal mercato kazako. Difficile immaginare il kenyano bianco resistere agli assalti di Quintana senza Porte, Poels e Henao, fondamentale l’apporto di Scarponi, Kangert e Malacarne alla rimonta rosa del siciliano. Ora Nibali cambierà squadra, trasferendosi in un team asiatico vicino alla nascita. Una squadra che si sa già avrà uno sponsor ricco e in grado di garantirgli gregari d’eccezione. Lo sport oggi è così, e non riconoscerlo sarebbe un errore.