C’è il volto di un calcio legato alle sue star e al giro d’affari che produce. Ma c’è anche l’altro volto, quello di uno sport inclusivo, che dialoga con le famiglie e sa abbattere barriere sociali. È quest’ultimo aspetto che il panel ‘Il calcio è di tutti’ ha voluto mettere in evidenza nella cornice dello spazio “Esperienza Europa – David Sassoli”, nell’ambito dell’evento “Uniti nelle diversità…per fare la differenza” e in occasione della Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità. Presenti alcuni protagonisti delle istituzioni sportive, ma anche atleti e realtà sociali che promuovono l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità. “A me dispiace quando si parla del mondo del calcio soltanto per certe questioni e non si riesce a fare emergere tutto il bello che c’è nella grande famiglia calcistica italiana”, ha detto il presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli. Al suo fianco Franco Carraro, presidente della Divisione calcio paralimpico e sperimentale della FIGC, che vede nei numeri la prova della crescita della sua attività: 160 le società partecipanti nel 2024/25 contro le 130 della scorsa stagione, 250 le squadre al via con un aumento del 38%, mentre sono oltre 3.000 (+20%) gli atleti coinvolti. “Penso che la Figc debba essere orgogliosa della nostra attività – ha detto Carraro –, e a tal proposito voglio ringraziare tutte le componenti del calcio”.
Tra queste anche la Lega Nazionale Dilettanti, rappresentata dal suo presidente, Giancarlo Abete: “L’obiettivo del sistema calcio a livello istituzionale è quello di essere presenti in maniera sempre più significativa e inclusiva all’interno delle opportunità che vengono date alle persone con disabilità – ha detto a margine dell’evento -. La Lega Nazionale Dilettanti sta lavorando affinché questa dimensione sia presente su tutti i territori attraverso la sua rete. Parliamo di numeri significativi: 135 delegazioni, un milione e 115mila tesserati, tra lega dilettanti e settore giovanile, quasi 60.000 squadre e 11mila società”. “Bisogna pensare anche a tutti quei ragazzi che non potranno avvicinarsi allo sport per condizioni di gravità o a tutti coloro che incontrano ostacoli e barriere di carattere economico e sociale – ha aggiunto Pancalli -. Il mondo delle istituzioni sportive deve essere in grado di riconoscere lo sport come strumento utile, in quei percorsi di riconoscimento del diritto di cittadinanza, per superare queste barriere”. Secondo il numero 1 del Cip, “la Federcalcio lo sta facendo con grande serietà”.