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“Chi ha vinto con la riforma dello sport? Ha vinto lo sport se pensiamo ai provvedimenti per i collaboratori sportivi che finalmente avranno delle tutele e se pensiamo al professionismo femminile e ai paralimpici che potranno gareggiare nei gruppi sportivi militari. Se pensiamo invece alla governance invece abbiamo perso un po’ tutti, potevamo dare elementi di chiarezza ma non siamo riusciti a trovare una sintesi. Non è stato possibile definire il ruolo del Coni e di quei soggetti a partire dall’autorità politica che si occupano di sport. Professionismo femminile? Si tratta di un fatto culturale e di democrazia a favore della parità di genere. Si impone inoltre nei decreti di rivedere gli statuti delle federazioni per favorire l’accesso ai vertici alle donne. Questo è un grande passo in avanti, sono orgoglioso”. Queste le dichiarazioni del ministro per le politiche giovanili e lo sport Vincenzo Spadafora in collegamento con 90° Minuto a proposito della riforma dello sport e dell’approvazione in consiglio dei ministri di cinque decreti (l’accesso degli atleti paralimpici nei gruppi sportivi militari e nei corpi civili dello Stato, lavoratori sportivi, professionismo femminile).
Mentre sulla governance e sul tema della divisione dei poteri, Spadafora ha aggiunto: “Nonostante la chiarezza, non è detto che prima la governance fosse corretta. Se il Coni è stato il primo soggetto deputato a svolgere politiche dello sport non è di per sé corretto. Anzi, è giusto che sia il Governo a porre in essere politiche sportive. Il Coni spesso ha coperto un vuoto lasciato dalla politica. Oggi abbiamo due teste: il Governo e il Coni che deve rispettare le regole come tutti i comitati olimpici nazionali. Sport e Salute non è che un organismo di supporto a quello che è l’indirizzo del Governo. E’ necessario inoltre che il ministero per lo sport sia con portafoglio e sempre previsto. Se ognuno rispetterà il proprio ambito, non ci sarà confusione. Ho grande rispetto per il ruolo del presidente del Coni Malagò. Sono stato considerato un estraneo dal mondo dello sport, dopo più di un anno conosco le dinamiche abbastanza bene. Ma il fatto di essere arrivato dall’esterno in una storia di gradi divisioni mi permette di svolgere il mio ruolo nel migliore dei modi. Voglio continuare a lavorare nell’interesse di tutti senza essere l’amico di questo o di quello”.
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Poi sulle misure da adottare per sostenere il calcio professionistico attraverso la dilazione del pagamento degli oneri fiscali: “Sono d’accordo – ha spiegato Spadafora – Non voglio la guerra su quali settori dello sport vadano aiutati. Il mondo del calcio è quello che determina le maggiori entrare fiscali che poi noi redistribuiamo, non aiutare il calcio significa non aiutare l’intero sistema sportivo. La Serie A deve ripensare a sé stessa, deve rinnovarsi”. Infine Spadafora si sofferma anche sull’ipotesi dell’introduzione di un salary cap in Serie A: “Non so se può essere una soluzione. Ma sentire la contrapposizione tra un mondo del calcio che chiede aiuto e stipendi al di sopra della realtà delle società stesse è contraddittorio”.
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