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Le analogie fra il Milan e il Manchester United sono palesi: entrambe le squadre sono state le forze dominanti in casa durante tutti gli anni ’90 e sono presenze fisse nel calcio europeo d’élite sin dall’inizio del 21° secolo. Entrambe si fregiano di quello status storico prestigioso riservato a pochissime istituzioni sportive ed entrambe ci hanno regalato alcuni dei calciatori più grandi di tutti i tempi. Addirittura, entrambe giocano in divise dai colori rosso, bianco e nero.
Tuttavia, negli ultimi anni, le somiglianze si sono basate su fatti poco incoraggianti: il Milan e lo United, attraverso una serie di decisioni sbagliate, sono rimasti indietro rispetto ai loro rivali. Ora stanno disperatamente cercando di tornare ai successi del passato. Sembrano aver smarrito la via.
Ciò che è andato storto per entrambe le squadre, seppure a livelli di importanza differenti, deriva da una gestione sbagliata a livello decisionale: sono state fatte acquisizioni che hanno comportato una montagna di debiti, mentre i responsabili esecutivi hanno affidato i compiti più delicate alle persone sbagliate, oppure non hanno dato alle persone giuste abbastanza tempo per realizzare i giusti piani.
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Cambio di gestione: un sintomo, non la causa
Tutto ciò ha generato visioni disgiunte, l’erosione dello stile e dell’identità di gioco, una scelta di giocatori e allenatori confusa e finanziariamente avventata; infine, un declino nei risultati e nelle chiusure di campionato.
Fino al 2013, il Manchester United poteva almeno contare sul genio e sulla stabilità di Alex Ferguson per dissimulare i propri problemi; in seguito, la sua caduta è stata in tutto e per tutto simile a quella del Milan. David Moyes, Louis van Gaal e José Mourinho si sono prodigati per far tornare la squadra a un livello competitivo, ma hanno fallito. Attualmente, Ole Gunnar Solskjaer è il responsabile del peggior esordio in league degli ultimi 30 anni.
Quanto al Milan, dopo l’uscita di scena di Allegri nel 2014, Seedorf, Inzaghi, Mihajlovic, Brocchi, Montella, Gattuso e Giampaolo hanno avuto tutti non poche difficoltà nel tentativo di rovesciare le sorti della squadra. L’incarico è ora passato a Stefano Pioli, nominato il 9 ottobre. Questo ricambio manageriale è solo un sintomo di instabilità, e non causa di essa. È l’allenatore a pagare le conseguenze dei cattivi risultati, ma i fallimenti a lungo termine vanno ricondotti ancora più a monte.
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Il segreto è nel cambiamento
Nessuna delle figure coinvolte è mai riuscita a recepire il bisogno di evolversi. Il cambiamento è la chiave del successo, in qualsiasi ambito, anche in quello altamente competitivo e multimiliardario del calcio. La storia recente è piena di momenti cruciali in cui realtà aziendali importanti non sono riuscite a stare al passo coi tempi e si sono annullate. L’ascesa di servizi di streaming come Netflix ha segnato la fine di Blockbuster; iTunes ha notevolmente danneggiato i negozi di musica; la crescita del settore del gioco d’azzardo online ha visto le sale scommesse crollare di fronte alla competizione con una miriade di casinò online.
La mancata evoluzione di Milan e Manchester United negli ultimi anni potrebbe farli diventare i Blockbuster del calcio: due ex giganti sorpassati dai progressi dei loro rivali e dai tempi che cambiano. Fortunatamente per il Milan, non è ancora troppo tardi per accorciare le distanze con la concorrenza.
Il Manchester United ha ancora delle eccellenti risorse finanziarie per potersi tirare fuori dall’attuale situazione (lusso non concesso al Milan). La squadra inglese deve battersi con una dura concorrenza per il tanto agognato posto nella top 4 e la conseguente partecipazione alla redditizia e prestigiosa Champions League. Obiettivo tanto più difficile da raggiungere a causa della mancanza della costanza necessaria a riportare la squadra agli antichi splendori. Fortunatamente per il Milan, solo la Juventus è molto più avanti. L’Inter di Conte, dopo un’estate di spese pazze e alcune battute d’arresto, si sta già preparando al proprio risveglio, mentre Napoli, Roma e Lazio sono tutte a un tiro di schioppo, qualora il Milan riesca a rimettersi in carreggiata.
Segnali incoraggianti per il futuro
I segnali più recenti sono a dir poco incoraggianti, rispetto agli avvenimenti degli ultimi anni (in special modo quelli risalenti alla breve e disastrosa gestione di Yonghong Li). Il reclutamento dei nuovi giocatori ha lasciato intuire una progettualità a lungo termine, con circa 110 milioni di euro spesi per sette giocatori di età inferiore ai 26 anni, capeggiati dal promettentissimo terzino Theo Hernandez. Si tratta di una politica simile a quella adottata con l’ingresso di Lucas Paqueta e Krzysztof Piatek. Si pensi invece all’estate 2017/18 che aveva visto una spesa complessiva di 106 milioni di euro per il trentenne Leonardo Bonucci (che tornò immediatamente alla Juventus), Andre Silva (che durò una stagione prima di imbarcarsi per prestiti a lungo termine) e il trentunenne Lucas Biglia.
Questo cambiamento nella politica di reclutamento può essere attribuito al cambio di proprietà, con la presa in carica della Elliott Management Company, con la quale si profila un piano a lungo termine ben definito e si arriva a capire che i cambiamenti necessari richiedono tempo. I risultati sul campo devono ancora riflettere il nuovo approccio del Milan verso il futuro, ma le fondamenta sono in via di costruzione. Lo scenario in cui si muove il Manchester United è simile, poiché le perdite disastrose avvenute per Angel Di Maria e Alexis Sanchez hanno ceduto il posto a talenti più giovani che potranno offrire alla squadra dei servitori a lungo termine oppure un profitto con la rivendita.
Insomma, per i tifosi di Milan e Manchester United è stato un periodo di frustrazione, ma sembra esserci qualche possibilità di tornare all’illustre passato: qualche passo in questa direzione è stato mosso. È necessario però che entrambi i club non si fermino qui e anzi continuino a evolversi.